FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Vladimir CLAVIJCO TELEPNEV (Russia)
VLADIMIR CLAVIJO-TELEPNEV
Il più dolce dei malanni dell’uomo è la nostalgia. Ma di cosa parliamo quando parliamo di nostalgia? Di un luogo in cui non siamo più? Di un avvenimento lontano? O forse parliamo di noi stessi? Ha scritto Schopenhauer che “talvolta noi crediamo di sentire la nostalgia di un luogo lontano, mentre in verità abbiamo nostalgia del tempo che laggiù abbiamo trascorso, quando eravamo più giovani e più freschi. In tal caso il tempo ci inganna, prendendo la maschera dello spazio”. La memoria dilaga nella nostra mente a piacimento, compie scorribande da corsaro e non c’è argine che possa contenerla, per dirci, beffarda, che il tempo migliore, il nostro personale paradiso, è il paradiso che abbiamo perduto.
Il fotografo russo Vladimir Clavijo-Telepnev ha assegnato alla memoria il ruolo centrale del suo lavoro. Le sue serie trasudano di una sensualità smisurata in stretta relazione al tema di un tempo che non c’è più. Se osserviamo le foto tratte da “Cherry Orchad”, titolo mutuato dall’opera di Anton Cechov, comprendiamo come il tentativo di “fermare” il tempo sia a un tratto precipitato da una resistenza letteraria al cambiamento (lo stesso Cechov in un lavoro precedente, “Le tre sorelle” fa dire a un suo personaggio che “l’ora è scoccata, si avvicina per noi qualcosa di nuovo, qualcosa di grosso; si prepara una violenta bufera che spazzerà dalla nostra società la pigrizia e l’indifferenza”) fin dentro le fitte pieghe di un’urgenza che mira a rappresentare fotograficamente lo spirito, e i timori, di un mutamento senza uguali nella Storia. La descrizione però è intima, come se è ai volti, alle espressioni che è affidato il segno di una resistenza combattuta con l’indifferenza (in questo ravvisiamo una forte similitudine con le vicende letterarie della famiglia Finzi-Contini di Bassani). Noi vediamo donne sorridenti, dai corpi dalle forme generose di una sensualità esibita come un rifugio. Un tempo spensieratamente drammatico ma vissuto a dispetto di ogni possibile sconvolgimento; e in cui certe lepidezze femminili paiono essere esclusive. La forma è netta, precisa e i rimandi con le grandi lezioni fotografiche non mancano (Steichen e Penn su tutti, lo si verdà anche nelle altre serie) ma a guardare bene echeggiano rilievi di Riefenstahl che però sono assorbiti e restituiti a nuovo dalla sensibilità di Vladimir Clavijo-Telepnev, il cui interesse alla plasticità dei corpi lo domina e lo guida. Ed è più specificatamente in “Sensuality” che il fotografo si inoltra nella sua ricerca; una ricerca che profuma d’antico e che lui intende rimettere al centro di una contemporaneità che spezza le catene di una nostalgia che, fin qui, sembra non emendabile. Le sue figure femminili trasudano sensualità; una sensualità che siamo invitati a cogliere (i soggetti sono quasi esclusivamente ritratti di spalle) tra le pieghe della nostra immaginazione, come un gioco delle parti, allusivo e bellissimo dove nemmeno il rigore delle pose toglie alcunché alle nostre fantasie. Le donne di Vladimir Clavijo-Telepnev sono bellissime e dolenti, misteriose e altere, invitanti e distanti; e a un fotografo che sa come sprofondare nelle sottili e innumerevoli sfumature dell’animo femminile occorre mostrare il nostro rispetto. Tutto. Il registro di “Sensuality” è largo e composito nel suo rigore formale e, una volta adocchiata la gamma dei rimandi (c’è un Saudek che bisbiglia alle orecchie di Witkin qualcosa su Jean August Ingres) la serie assume una forte e precisa personalità. Il tema di un tempo che non c’è più – e non necessariamente un tempo cronologico – appare nella serie “Russian Ballet Stars”. Ballerine e ballerine, invitati a “prestare” i loro corpi per la descrizione di movimenti plastici in cui, come una tavolozza, ora descrivere la tensione nervosa di muscoli e sangue, ora l’elegante e innaturale postura ammirata da tutti noi come negata a tutti noi. Figure che appaiono come semidèi, provenienti da un’Arcadia lontana dai noi mortali, dalle nostre goffezze, dai nostri uffici quotidiani di cui ammirare un’eleganza che sconfina in una natura a noi incomprensibile e irricevibile. Il mondo di Vladimir Clavijo-Telepnev è uno spazio sospeso tra memoria e contemporaneità, tra bellezza e sensualità, tra mistero e desiderio; un impegno assoluto e costante quasi che il fotografo avesse deciso di impegnarsi nel durissimo impegno del recupero di un’identità corruttibile e dunque da preservare, spolverando la polvere dai nostri occhi e, soprattutto, dalla nostra mente, mentre i nostri occhi sono chiamati a commuoversi davanti a tanta inusitata generosità, la stessa che fa di Vladimir Clavijo-Telepnev uno tra i più apprezzati fotografi russi.
Giuseppe Cicozzetti
da “Cherry Orchad”; “Sensuality”; “Russian Ballet Stars”.
foto Vladimir Clavijo-Telepnev
Homesickness is the sweetest of man's ailments. But what do we talk about when we talk about nostalgia? Of a place where we are no longer? Of a distant event? Or maybe we talk about ourselves?
Schopenhauer wrote that "sometimes we believe we feel nostalgic for a distant place, whereas in truth we miss the time we spent there, when we were younger and fresher. In this case time deceives us, wearing the mask of space".
The memory spreads in our mind at will, makes a raid by pirate and there is no embankment that can contain it, to tell us, mocking, that the best time, our personal paradise, is the paradise we have lost.
The Russian photographer Vladimir Clavijo-Telepnev has assigned to memory the central role of his work. His series exude a boundless sensuality in close relation to the theme of a time that no longer exists.
If we look at the photos taken from "Cherry Orchad", a title borrowed from the work of Anton Chekhov, we understand how the attempt to "stop" time is suddenly precipitated by a literary resistance to change (the same Chekhov in a previous work, "The Three Sisters" tells one of his characters that "the hour has passed, something new is approaching for us, something big, a violent storm is being prepared that will wipe out our laziness and indifference") inside the dense folds of an urgency that aims to represent photographically the spirit, and the fears, of a change without equal in history.
The description, however, is intimate, as if it were the faces, the expressions that are given the sign of a resistance fought with indifference (in this we see a strong similarity with the literary events of the Finzi-Contini family of Bassani). We see smiling women, from the generously shaped bodies of a sensuality exhibited as a refuge. Once thoughtlessly dramatic but lived in spite of every possible upheaval; and in which certain female sensations appear to be exclusive.
The form is clear, precise and the references to the great photographic lessons are not lacking (Steichen and Penn on all, it is also in the other series) but to look well echoing reliefs of Riefenstahl but they are absorbed and returned to new sensitivity by Vladimir Clavijo-Telepnev, whose interest in the plasticity of bodies dominates and guides him.
And it is more specifically in "Sensuality" that the photographer goes in his search; a search that smells of old and that he intends to put back at the center of a contemporary that breaks the chains of a nostalgia that, so far, seems unenforceable. His female figures exude sensuality; a sensuality that we are invited to grasp (the subjects are almost exclusively portraits of shoulders) between the folds of our imagination, as a play of parts, allusive and beautiful where even the rigor of the poses detracts from our fantasies.
The women of Vladimir Clavijo-Telepnev are beautiful and painful, mysterious and alters, inviting and distant; and to a photographer who knows how to sink into the subtle and innumerable nuances of the female soul, we need to show our respect Definitely. The register of "Sensuality" is large and composite in its formal rigor and, once the range of references (there is a Saudek whispering to Witkin's ears something about Jean August Ingres) the series takes on a strong and precise personality. The theme of a time that no longer exists - and not necessarily a chronological time - appears in the series "Russian Ballet Stars".
Dancers, invited to "lend" their bodies for the description of plastic movements in which, as a palette, now describe the nervous tension of muscles and blood, now the elegant and unnatural posture admired by all of us as denied to all we. Figures that appear as semi-gods, coming from an Arcadia far from mortals, from our goffezze, from our daily offices of which to admire an elegance that borders in a nature that is incomprehensible to us and inadmissible too.
The world of Vladimir Clavijo-Telepnev is a space suspended between memory and contemporaneity, between beauty and sensuality, between mystery and desire; an absolute and constant commitment almost as if the photographer had decided to engage in the hard commitment of recovering a corruptible identity and therefore to preserve, dusting the dust from our eyes and, above all, from our mind, while our eyes are called to be moved in front of so much unusual generosity, the same that makes Vladimir Clavijo-Telepnev one of the most appreciated Russian photographers.
Giuseppe Cicozzetti
from “Cherry Orchad”; “Sensuality”; “Russian Ballet Stars”.
ph. Vladimir Clavijo-Telepnev