FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Anita WHITE (USA)
ANITA WHITE
L’onestà è sempre attraversata da una robusta dose di tensione. La fotografa americana Anita White ritrae se stessa utilizzando il proprio corpo come terreno d’indagine, invitando noi tutti a scoperte private, intime. Fotografia che vanno osservate, non viste, perché la serie “Absent” ha una cifra matura, un linguaggio consapevole e ricco che cogliamo nel sapiente dosaggio di immagini solo apparentemente semplici. Molti riferimenti, specialmente a una tradizione pittorica, quella Olandese, in cui la presenza di specchi, di finestre, di oggetti rimanda alle composizioni in studio dei grandi pittori. Ma non solo. Le voci si arricchiscono tenendo presente le lezioni di fotografi e artisti che proprio sul corpo hanno fondato la loro ricerca. Eco dunque la lezione di Francesca Woodman trasparire come un canone fondativo alle prese con le lacerazioni metafisiche di Francis Bacon. Con l’aggiunta di qualcosa di lirico, sensuale, che rende l’osservazione accessibile. Va sottolineato: questi di “Absent” non solo soltanto ritratti, sono nudi. Ma non quel genere di nudi proposti all’osservatore come l’offerta di un oggetto del desiderio: la figura femminile non è più giovanissima, si direbbe di mezza età, ed presentata spoglia anziché nuda: è rivelata, esposta, quasi imbarazzata, scomoda. In “Absent” la donna è vulnerabile e provocatoria, vestita solo di un turbamento profondo quanto privato. Eppure, con l’onestà di cui si dice in apertura, White non omette nulla: si offre alla lettura narrando se stessa con un coraggio che profuma di impegno sincero. Ecco la tensione, lo sforzo cioè nel rendere costante un linguaggio accessibile che aggiunge alle immagini una verità palpabile in ogni scatto. E chi osserva le fotografia di Anita White sarà colto come dal desiderio di silenzio, una religiosa sospensione del giudizio come se il turbamento fuoriuscisse dalle fotografie per imprimersi negli occhi e nella mente di chi guarda.
Giuseppe Cicozzetti
da “Absent”
foto Anita White
Honesty is always crossed by a robust dose of tension. The American photographer Anita White portrays herself using her body as a field of inquiry, inviting us all to private, intimate discoveries. Photographs that must be observed, not seen, because the "Absent" series has a mature figure, a conscious and rich language that we find in the wise dosage of images that are only apparently simple.
Many references, especially to a pictorial tradition, the Dutch one, in which the presence of mirrors, windows, objects refers to the compositions in study of the great painters. But not only. The voices are enriched keeping in mind the lessons of photographers and artists who founded their research on the body. Therefore, Francesca Woodman's lesson is to be seen as a foundational canon dealing with the metaphysical lacerations of Francis Bacon. With the addition of something lyrical, sensual, which makes observation accessible.
It should be emphasized: these of "Absent" not only just portraits, they are naked. But not that kind of nudes proposed to the observer as the offer of an object of desire: the female figure is no longer very young, she seems middle-aged, and presented bare rather than naked: she’s revealed, exposed, almost embarrassed, uncomfortable. In "Absent" the woman is vulnerable and provocative, dressed only in a deep and private disturbance. Yet, with the honesty of which it is said in the opening, White does not omit anything: it offers herself to the reading narrating itself with a courage that smells of sincere commitment.
Here is the tension, the effort in making constant an accessible language that adds to the images a palpable truth in every shot. And who observes the photographs of Anita White will be caught as if by the desire for silence, a religious suspension of judgment as if the disturbance would come out of the photographs to be impressed in the eyes and in the mind of beholder.
Giuseppe Cicozzetti
from “Absent”
ph. Anita White