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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Cristina VATIELLI                                                                              (Italia) 

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CRISTINA VATIELLI

Non esiste storia che non possa essere raccontata anche se è già stata raccontata, poiché, sebbene sembri immutevole, essa cambia con il trascorrere dei tempi e al fotografo accorto non sfuggiranno i mutamenti. Negli anni ’40 Walker Evans ha raccontato in ‘Subway’ una storia minima, quotidiana, di gente comune a bordo di una metropolitana mentre attende di raggiungere una destinazione. Lì, in ognuna delle immagini, ci sono i volti di una borghesia urbana che ha deciso di ingannare il tempo, dimenticando che è il tempo ora a ingannare loro.  

Ma c’è dell’altro. Molto altro. A raccontarlo – innestandosi con efficacia nel grande filone del reportage documentaristico – è la fotografa Cristina Vatielli nel lavoro dal titolo secco che ci conduce al tema senza distrazioni: ‘Pendolari’. E ancora senza distrazioni osserviamo le fotografie. Se Evans sviluppava la ricerca al chiuso della metropolitana newyorkese Cristina Vatielli va oltre e coraggiosamente diversifica il ventaglio della sua ricerca: treni, autobus, stazioni della metropolitana sono i teatri di una rappresentazione umana che ha molto da raccontare. Il racconto di Cristina Vatielli è discreto, puntuale e non omette nulla. Le persone sono colte nel silenzio di una frettolosa solitudine, strette nel pensoso abbandono di un tempo non governabile. Ognuno sembra non avere che tempo per sé e dunque non comunica. C’è chi è intrappolato nei propri pensieri, chi è stretto in un raccoglimento, chi legge un giornale impossibile da leggere in un altro momento, chi dorme, chi guarda fuori da un finestrino più o meno distrattamente, chi attende, chi è a destinazione. C’è ogni componente per un racconto, non manca nulla. Non manca, come si accennava prima, un tocco delicato che impreziosisce ogni foto e che ha la capacità straordinaria di rendere lirico il quotidiano. Lo scorgiamo nel sapiente equilibrio del bianco e nero (si osservi a questo proposito lo scatto preso sul bus in cui i raggi di un sole radente ne squarciano l’oscurità ambientale), nella ricercata composizione di prospettive velocissime, nel riuscitissimo gioco di trasparenze nel quale i soggetti divengono inconsapevolmente parte del mezzo. E tutto con una lievità che sta per intero dentro l’obiettivo femminile. Comincio a convincermi che dentro la fotografia vi sia una questione di genere, all’interno della quale le fotografe dimostrano di avere una sensibilità particolare, come un accento, una postilla che riveli a colpo d’occhio se la foto che abbiamo dinanzi è stata scattata da una donna. Ecco, nelle fotografie di Cristina Vatielli vedo proprio questa componente, un’attitudine naturale alla discrezione, una nota mantenuta a lungo e che percorre con leggerezza la descrizione di un’intimità inviolabile. Cristina Vatielli come ogni fotografo ruba (momenti, espressioni, stati d’animo) ma rivela d’avere l’onesta di restituire quanto ha preso, non dimenticando d’essere solo una testimone. E poiché i testimoni hanno delle precise responsabilità, nei confronti dei soggetti lei ha uno sguardo indulgente come se volesse accompagnarli dopo averli immortalati, proteggerli dagli sguardi. Quanto esce da ‘Pendolari’ non è solo il racconto su una improvvisata comunità di viaggiatori o sulla grammatica dell’incomunicabilità. No, c’è dell’altro, come si diceva all’inizio. C’è una sostanza, restituita in forma di immagini ricche di pathos e di struggente bellezza.

 

Giuseppe Cicozzetti

da “Pendolari” 

 

foto Cristina Vatielli

 

http://www.cristinavatielli.com/

 

 

There’s no story that can not be told even if it has already been told, because, although it seems immutable, it changes with the passing of time and the photographer will not miss the changes.

In the '40s Walker Evans told in' Subway 'a minimal, everyday history of ordinary people on a subway while waiting to reach a destination. There, in each of the images, there are the faces of an urban bourgeoisie who decided to deceive the time, forgetting that it’s time now to deceive them.

But there’s something else. More. To tell this story - grafting effectively into the great vein of the documentary reportage - is the photographer Cristina Vatielli in the dry work that leads us to the theme without distractions: 'Commuters'. And still without distractions we look at the photographs.

If Evans developed the New York subway research, Cristina Vatielli goes further and courageously diversifies her research: trains, buses, subway stations are the theaters of a human representation that still has a lot to tell.

The story told by Cristina Vatielli is discreet, punctual and does not omit anything. People are caught in the silence of a hasty loneliness, gripped by the thoughtful abandonment of an ungovernable time. Everyone does not seem to have that time for himself and therefore doesn’t communicate. There are those who are trapped in their own thoughts, those who are close in a recollection, who reads a newspaper that can not be read at another time, who sleeps, who looks out of a window more or less distractedly, who awaits, who is at their own destination.

There is every component for a story, nothing is missing. As mentioned before, there is a delicate touch that embellishes every photo and has the extraordinary ability to make everyday life so lyrical.

We see it in the skilful balance of black and white (observe by the way the shot taken on the bus in which the rays of a sun grazing the ambient darkness), in the sought-after composition of fast prospects, in the successful game of transparency in which the subjects unknowingly become part of the medium. And all with a lightness that is completely inside the female lens.

I begin to convince myself that within photography there’s a question of gender, within which the photographers demonstrate to have a particular sensitivity, like an accent, an apostille that reveals at a glance if the photo that we have before has been taken from a woman. Here, in the photographs of Cristina Vatielli I see just this component, a natural attitude to discretion, a long-held note that runs lightly through the description of inviolable intimacy.

Cristina Vatielli as every photographer steals (moments, expressions, moods) but reveals to have the honesty to give back what she has taken, not forgetting that she is only a witness. And since the witnesses have precise responsibilities, towards the subjects she has an indulgent look as if she wanted to accompany them after having immortalized them, to protect them from looks.

What comes out from 'Pendolari' isn’t just a story about an impromptu community of travelers or the grammar of incommunicability. No, there is something else, as we said at the beginning. There is a substance, returned in the form of images full of pathos and poignant beauty.

 

Giuseppe Cicozzetti

from “Commuters” 

 

ph. Cristina Vatielli

 

http://www.cristinavatielli.com/

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