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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Alexey TITARENKO                                                    (Russia) 

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ALEXEY TITARENKO

Tempi d’esposizione lunghi e mosso intenzionale, volontario. E’ questo il linguaggio del fotografo russo Alexey Titarenko – che manda a dirci come la Russia si confermi fucina di talenti cui guardare con particolare attenzione. Dal finire degli anni ’90 Titarenko ci racconta del complicato passaggio da una società comunista a una che sgomita per assicurarsi un posto nell’economia liberale di mercato. Ma soprattutto ci illustra gli effetti su una popolazione attonita e disorientata, il più delle volte rimasta vittima della transizione. Masse indistinte o, meglio, fuse in un groviglio nel quale l’individualità è irrimediabilmente perduta a favore di una massificazione che non è solo economica. L’uomo non interagisce. Il suo volto e i suoi giorni hanno perduto l’unicità espressiva e si muove confuso nell’unica direzione possibile: seguire la massa per non smarrirsi. Strutture immobili, ferme mentre tutto intorno una vita indistinguibile ruota apparentemente senza una logica, in una direzione senza meta. L’individuo è sconfitto, lo specchio non riflette il suo multiplo. La città è una quinta vuota, resa ancor più straniante e ostile da una tecnica di sviluppo che espone la stampa alla luce durante lo sviluppo, con il risultato – efficacissimo al racconto – di un tessuto urbano evanescente, quasi privo di corporeità e che ingloba l’uomo nella sua atemporalità. Tutto a volte sembra scorrere veloce, sebbene non se ne comprenda il senso, ed è emblematica quanto sgomenta l’immagine di una folla nera che sembra lasciarsi inghiottire volontariamente da una stazione della metropolitana. Altre invece sottolineano una sospensione, una sosta volontaria per riannodare e reimpossessarsi della propria identità; e infatti la donna seduta è tra i pochissimi soggetti “a fuoco” mentre intorno vibra un folto di fantasmi. Si percepisce disagio. E disaffezione. E in queste restituzioni cogliamo una potente lettura del sociale, più efficace di qualunque saggio socio-politico, perché tra le pieghe di un’analisi scritta, tra gli approfondimenti statistici e le conclusioni, avvertiamo la fatale mancanza di una sensibilità capace di consegnarci la vera portata del dramma: lo sguardo dell’uomo. Ed è per questo che i lavori di Alexey Titarenko vanno a segno, perché colpiscono nel profondo. Titarenko si svincola da una “territorialità” narrativa e dal localismo che sarebbero stretti dentro un racconto intimo, per rilanciare un dramma che nella sua pandemia riguarda tutti noi.

 

Giuseppe Cicozzetti

da “ City of shadows”; “Black & white magic of St. Petersburg”; “Time standing still”.

 

foto Alexey Titarenko

 

http://www.alexeytitarenko.com/

Long times exposure and an intentional blur, voluntary. This is the language of the Russian photographer Alexey Titarenko - who sends us to tell us how Russia is confirmed as a forge of talents to watch with particular attention. Since the end of the 1990s, Titarenko tells us about the complicated transition from a communist society to an electoral one to secure a place in the liberal market economy.

But above all, he illustrates the effects on an astonished and disoriented population, most often victim of the transition. Undefined masses or, better, merged into a tangle in which individuality is irretrievably lost in favor of a massification that is not only economic. Man doesn’t interact.

His face and his days have lost the expressive uniqueness and moves confused in the only possible direction: follow the mass so as not to lose oneself. Structures immobile, still while all around an indistinguishable life rotates apparently without a logic, in a direction without aim. The individual is defeated, the mirror does not reflect its multiple.

The city is an empty stage, made even more alienating and hostile by a development technique that exposes the print to the light during development, with the result - very effective in the story - of an evanescent urban fabric, almost devoid of corporeity and incorporating the man in his timelessness. Everything sometimes seems to run fast, although the meaning is not understood, and it is emblematic how dismaying the image of a black crowd that seems to let itself be swallowed voluntarily by a subway station.

Others instead emphasize a suspension, a voluntary stop to re-install and re-possession of their identity; and in fact the seated woman is among the very few "in focus" subjects, while around her a lot of phantoms vibrates. Uneasiness is perceived. And disaffection.

And in these returns we grasp a powerful reading of the social, more effective than any socio-political essay, because among the folds of a written analysis, between the statistical analyzes and conclusions, we feel the fatal lack of a sensitivity capable of delivering the true scope of the drama: the gaze of man. And that's why Alexey Titarenko's works are successful, because they strike deep inside. Titarenko frees himself from a narrative "territoriality" and from the localism that would be contained within an intimate story, to relaunch a tragedy that affects all of us in its pandemic.

 

Giuseppe Cicozzetti

from “ City of shadows”; “Black & white magic of St. Petersburg”; “Time standing still”.

 

ph. Alexey Titarenko    

 

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