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Stefano STRANGES (IT)
STEFANO STRANGES
Columbite e Tantalio. Letti così i nomi di questi due minerali è probabile che non dicano molto, ma se operiamo una crasi allora diventa un vocabolo preziosissimo: Coltan. Il Coltan è appunto una lega che sta dentro in ogni dispositivo elettronico prodotto negli ultimi dieci anni: smartphone, computer, tablet, non c’è oggetto che ne sia sprovvisto, permettendo loro la riduzione dei consumi delle batterie. Il Coltan è l’anima dei nostri costosissimi, irrinunciabili e ultra tecnologici mezzi di comunicazione. Ma c’è un problema. Anzi, oltre otto milioni di problemi, tanti cioè quante sono le vittime del nostro benessere. Regione orientale di Kivu, Repubblica Democratica del Congo. Qui si estrae oltre il 50% della produzione mondiale di quello che viene chiamato “il nuovo oro nero” e che ha trasformato il Paese in un autentico inferno. La spiegazione è tra i numeri. Non esistono stime ufficiali ma si calcola, con buona approssimazione, che larga parte del materiale estratto provenga da miniere illegali e che solo una piccola parte rispetti un equilibrio tra l’attenzione al rispetto ambientale e le norme di sicurezza dei lavoratori che a loro volta percepiscono il giusto riconoscimento salariare. Per questo è in corso un sanguinoso conflitto per il controllo e il monopolio dei proventi del prezioso minerale. Il reporter free lance Stefano Stranges, è riuscito ad avvicinarsi a una miniera e consegna alla nostra attenzione “The victims of our wealth DR Congo” (2016). Quanto vediamo dalle immagini deve colpire principalmente la nostra bulimia tecnologica, la corsa ad accaparrarsi le ultime novità high tech: in caso contrario dobbiamo ritenerci complici di quello che è stato chiamato “Olocausto africano”. Le condizioni lavorative sono al limite della sopravvivenza; i lavoratori, in larga parte giovani scavano in condizioni estreme cunicoli poco più larghi del loro stesso corpo, nei quali si infilano a rischio della vita per estrarre il minerale che permetterà ai consumatori occidentali di comunicare con sempre maggiore efficacia. E non è finita, perché privi di qualsivoglia assistenza medica sono decimati dalle malattie ed esposti alla mercé di banditi che li derubano (un chilogrammo di Coltan è pagato ai minatori solo 2 dollari, ma esportato nel vicino Ruanda il prezzo sale a 500 dollari), li uccidono e violentano le loro donne per stabilire il controllo delle miniere. Le fotografie di “The victims of our wealth DR Congo” sono urgenti come una chiamata notturna, sono la radice d’ogni cosa e nel gesto dello scatto vediamo come il reportage rivaluti la sua natura nell’azione del “mostrare”. Ora sappiamo. Ora sappiamo quali sacrifici domandiamo ai congolesi, quanto alta è la responsabilità di ognuno alla creazione di veri e propri schiavi perché ogni giorno il nostro telefonino continui a squillare, il nostro pc si colleghi a Internet e rimanere connessi con tutto il mondo. Con tutto il mondo ad eccezione del Congo, la coscienza di saperci in qualche modo mandanti delle spaventose condizioni di questi lavoratori ci disturba profondamente, indicando alla nostra ipocrisia un prezzo troppo alto da pagare. Meglio distogliere lo sguardo e continuare a pensare che l’ultimo modello di smartphone come l’ultima release di un computer crescano sugli alberi. Ma non è finita, perché quando decidiamo di sostituire i nostri oggetti elettronici con altri sempre nuovi tutto vogliamo sapere tranne che fine facciano, dove finiscano e che uso se ne faccia. Stefano Stranges ci accompagna direttamente in un luogo infernale e ancora una volta ci chiama alle nostre responsabilità di consumatori compulsivi. Agbogbloshie è un sobborgo al limitare di Accra, la capitale del Ghana. E’ assai probabile, semmai la cerchiate, che chiunque la indichi con un nome assai più appropriato e che indica con esattezza la drammatica dimensione di quello che è, la più grande e-waste a cielo aperta di rifiuti elettronici di tutta l’Africa. Il nome con cui viene chiamata è “Sodoma e Gomorra”. Qui convergono i rifiuti tecnologici provenienti da tutto il mondo occidentale. E, per contro, convergono da tutto il Paese qualcosa come 80.000 persone che cercano di estrarre dalle carcasse residui di rame o qualcosa ancora che possa avere un minimo di valore sul mercato. Le condizioni igieniche sono spaventose, il livello di inquinamento dovuto ai roghi è al limite della sopportazione, mentre i terreni intorno alla discarica sono utilizzati per l’insediamento urbano e pascolo per allevamento. Un vero e proprio cimitero elettronico che Stefano Stranges congela e rimanda alla nostra attenzione. Ancora una volta vittime, come indica il titolo della serie “The victims of our wealth – Life in Sodom and Gomorrah – Accra, Ghana” (2017), dell’opulenza di qualcun altro. Con il solito linguaggio asciutto del reporter le immagini ci feriscono e ci indignano allo stesso tempo per condurci nell’implacabile realtà fatta di povere cose, di abitazioni di fortuna arrangiate con vecchie carcasse di lamiera dove è smarrita l’ultima stilla di umana dignità. La vita a quelle parti non è qualcosa che siamo in grado di immaginare: donne e uomini si aggirano in un inferno costretti a frugare per un’esistenza che esistenza non è. Il lavoro di Stefano Stranges ci colpisce duramente richiamando noi tutti a ripensare alla superficialità con la quale indossiamo i panni del consumatore come se questa “vocazione” non avesse dei risvolti drammatici pronti fatalmente a riversarsi su qualcun altro. Noi, ha detto qualcuno, siamo le scelte che facciamo, e mentre ci è offerta l’occasione per stabilire una nuova consapevolezza occorre ringraziare il lavoro di giovani e coraggiosi reporter come Stefano Stranges. Dovremmo ricordarlo ogni volta che facciamo una telefonata o accendiamo il computer.
Giuseppe Cicozzetti
da “The victims of our wealth DR Congo”; “The victims of our wealth – Life in Sodom and Gomorrah – Accra, Ghana”
foto Stefano Stranges
Columbite and Tantalum. As we read the names of these two minerals are likely not to say much, but if we operate a crasis then it becomes a very precious word: Coltan. The Coltan is just an alloy that is inside in every electronic device produced in the last ten years: smartphones, computers, tablets, there is no object that does not have it, allowing them to reduce the consumption of batteries.
Coltan is the soul of our very expensive, indispensable and ultra-technological means of communication. But there's a problem. Indeed, over eight million problems, many as many as the victims of our well-being. Eastern Region of Kivu, Democratic Republic of Congo.
Here more than 50% of the world production of what is called "the new black gold" is extracted and which has transformed the country into a real hell. The explanation is among the numbers. There are no official estimates but it’s calculated, with good approximation, that a large part of the extracted material comes from illegal mines and that only a small part respects a balance between the attention to environmental respect and the safety standards of workers who in turn perceive the right salary recognition.
For this reason a bloody there’s an ongoing conflict for the control and monopoly of the proceeds of the precious mineral. The freelance reporter Stefano Stranges, has managed to approach a mine and delivers to our attention "The victims of our wealth DR Congo" (2016). What we see from the images must primarily affect our technological bulimia, the race to grab the latest high tech news: otherwise we must consider ourselves accomplices of what has been called "African Holocaust".
Working conditions are at the limit of survival; the workers, for the most part, young people dig under the harsh conditions of burrows slightly larger than their own body, in which they put themselves at risk of life to extract the mineral that will allow western consumers to communicate with ever greater effectiveness. And it is not over, because without any medical assistance are decimated by diseases and exposed to the mercy of bandits who rob them (one kilogram of Coltan is paid to the miners only $ 2, but exported to neighboring Rwanda the price rises to $ 500), they kill them and rape their women to establish control of the mines.
The photographs of "The victims of our wealth DR Congo" are urgent as a nocturnal call, they are the root of everything and in the gesture of shooting we see how the reportage re-evaluates its nature in the action of "show". We now know. Now we know what sacrifices we ask the Congolese, how high is the responsibility of everyone to the creation of real slaves because every day our phone keeps ringing, our pc connects to the Internet and stay connected to the whole world.
With the whole world except the Congo, the awareness of knowing in some way the instigators of the terrible conditions of these workers disturbs us profoundly, indicating to our hypocrisy a price too high to pay. Better to look away and keep thinking that the latest model of smartphones like the latest release of a computer grow on trees.
But it isn’t over yet, because when we decide to replace our electronic objects with others always new everything we want to know except where they end, where they end up and what use I do it. Stefano Stranges takes us directly to an infernal place and once again calls us to our responsibilities as compulsive consumers.
Agbogbloshie is a suburb on the edge of Accra, the capital of Ghana. It is very probable, if you are lookin’ for it, that anyone indicates it with a much more appropriate name and that indicates exactly the dramatic dimension of what it is, the largest open-air e-waste of electronic waste in all of Africa. The name with which it’s called is "Sodom and Gomorrah". Technological waste from all over the western world converge here.
And on the other hand, some 80,000 people converge from the whole country trying to extract copper residues from the carcasses or something that may have a minimum value on the market. The hygienic conditions are appalling, the level of pollution due to the fires is at the limit of endurance, while the land around the landfill is used for urban settlement and grazing for breeding.
A real electronic cemetery that Stefano Stranges freezes and refers to our attention. Once again victims, as indicated by the title of the series "The victims of our wealth - Life in Sodom and Gomorrah - Accra, Ghana" (2017), of the opulence of someone else. With the usual dry language of the reporter the images hurt us and indignant at the same time to lead us into the implacable reality made of poor things, homes of fortune arranged with old sheet metal carcasses where the last drop of human dignity is lost.
Life in those parts is not something we can imagine: women and men wander about in an inferno forced to rummage for an existence that existence is not. The work of Stefano Stranges hits us hard calling us all to rethink the superficiality with which we wear the clothes of the consumer as if this "vocation" did not have dramatic implications ready to fatally pour on someone else. We, someone said, are the choices we make, and while we are offered the opportunity to establish a new awareness we need to thank the work of young and courageous reporters like Stefano Stranges. We should remember it every time we make a phone call or turn on the computer.
Giuseppe Cicozzetti
from “The victims of our wealth DR Congo”; “The victims of our wealth – Life in
Sodom and Gomorrah – Accra, Ghana”
ph. Stefano Stranges