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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Kishin SHINOYAMA (JAP)
KISHIN SHINOYAMA
Corpi. Nudi. E privi di quell’ossessione indagatoria e, a tratti, opprimente che ha attraversato la fotografia giapponese dal dopoguerra in avanti. Nei corpi nudi di Kishin Shinoyama l’attenzione è deviata sulle rotondità espressive, sulle volute carnali e celebrative di una bellezza estetica che invita ancora alla ricerca. Corpi dunque come statue. Elastici, fluidi come liquidi o burrosi da affondarci le mani i soggetti di Shinoyama ci invitano alla loro plastica lettura. E con qualche inganno, quasi un gioco, che il fotografo ci tende: i soggetti, tranne qualche caso, si offrono a metà: di spalle, di profilo. Ritrosia, si direbbe, e invece no perché la nettezza delle immagini è lì per sconfessarlo. “La bellezza” ha detto Cioran “non è bidimensionale: non conosce assi cartesiane”. Shinoyama riprende l’assunto e fotografa corpi sfuggenti, come a dire che è nella spigolosità di un’immagine che dobbiamo cogliere la ricchezza della “forma”, nel mistero che disvela se stesso celandosi invece d’offrirsi.
L’universo di Shinoyama è il suo occhio; un occhio che non vede che la classicità delle sculture. E proprio come uno scultore il suo obiettivo manopola le carni nude, vi affonda nelle pieghe e ne crea altre, nate da una passione stringente, urgente come una preghiera laica. Come un desiderio. Il senso è tattile nelle fotografie di Shinoyama. Le sue immagini ci invitano appunto a sperimentare le proprietà tattili, espresse sui corpi come un linguaggio primordiale, arcaico, primigenio e, sviluppate in un’epoca in cui Robert Mapplethorp non sapeva cosa fosse una macchina fotocamera.
Lo stile di Kishin Shinoyama è forte, dove serve. Si osservi la fotografia quasi intera dello scrittore, anch’egli giapponese, Yukio Mishima (saranno in tanti a volerlo ritrarre: Eikoh Hosoe, in una sua celebre fotografia, farà dello scrittore un’icona martirizzata – e non è un caso – proveniente dritta dalla storia dell’Arte italiana): il suo corpo benché semi nudo appare completo: egli, al pari di una creatura divina, non ha bisogno degli orpelli umani; né sullo sfondo ha elementi riconducibili all’opera dell’uomo: intorno a sé vediamo lo scrittore comandare sugli elementi: su un cielo minaccioso, per noi, ma che non sembra impensierire il protagonista che invece ha lo sguardo proteso verso un orizzonte che noi mortali nemmeno immaginiamo. “Sturm un Drang”. Epica. Che però si ribalta allorché si torna verso un delicato graficismo in grado di creare un intreccio compositivo che esprime in una delicatissima “pietas” tutto il suo senso. Né manca l’azione, lo scatto quasi compulviso e creativo di un corpo alle prese con la danza, o i rapidi contorsionismi di un’agitazione fermata per sempre dallo scatto, oppure la conturbante voluttà del corpo acerbo di un’adolescente che rimanda direttamente alle giovanette di Balthus. Il corpo dunque è inteso da Kishin Shinoyama come un elemento plastico, mobile, ostinato, refrattario a qualunque ammonimento alla staticità. Ma tutto declinato in un rigore compositivo che gareggia con gli altri grandi ritrattisti – ammesso che fotografia ritrattistica si possa definire il lavoro di Kishin Shinoyama.
Giuseppe Cicozzetti
foto Kishin Shinoyama
Bodies. Naked. And devoid of that inquisitive and, at times, overwhelming obsession that has crossed Japanese photography since the postwar period. In the naked bodies of Kishin Shinoyama, attention is deflected on the expressive roundness, the carnal and celebratory of aesthetic beauty that still invites to research.
Bodies therefore as statues. Elastic, fluids such as liquid or buttery to sink our hands, the Shinoyama subjects invite us to their plastic reading. And with some deception, almost a game, that the photographer tends to us: the subjects, except for some cases, offer themselves in half: shoulders, profile.
A kind of shyness, it would be, and not because the clutter of images is there to defeat it. "Beauty," Cioran said, "is not two-dimensional: it doesn’t know Cartesian axes." Shinoyama resumes hiring and photographs elusive bodies, as if to say that it is in the sharpness of an image that we must grasp the richness of "form" in the mystery that reveals itself by divining instead of offering itself.
The universe of Shinoyama is its eye; an eye that does not see the classicity of sculptures. And just like a sculptor his goal knobs the bare meat, it sinks into folds and creates others, born of a tight passion, urgent as a lay prayer. Like a wish. The way is tactile in Shinoyama's photographs.
His images invite us to experience tactile properties expressed on bodies as a primordial, archaic, ancient language, and developed at an age when Robert Mapplethorp did not know what a camera was.
The style of Kishin Shinoyama is strong, where needed. Take a look at the almost complete photograph of the writer, Japanese, Yukio Mishima (they will be so many to want to portray him: Eikoh Hosoe, in his famous photography, will make the writer an icon martyred - and no accident - coming straight from history of Italian Art): His body, though naked, appears complete: he, like a divine creature, does not need human tinsels; neither in the background has elements related to man's work: around us we see the writer command the elements: on a threatening sky for us, but that does not seem to mind the protagonist who instead looks out to a horizon we mortal not even imagine.
"Sturm a Drang". Epic. However, it is overturned when it comes back to a delicate graphic that can create a compositional plot that expresses all of its meaning in a delicate "pietas". Nor is the action, the almost compulsive and creative shots of a body in the dance, or the rapid contortionism of an agitated stop for the snap, or the contemptible voluptuousness of the body of a teenager who refers directly to the Balthus young girls.
The body is thus understood by Kishin Shinoyama as a plastic element, mobile, obstinate, refractory to any admonition to static. But all in a compositional rigor that compete with other great portraitists - provided that portraits photography can be defined as Kishin Shinoyama's work.
Giuseppe Cicozzetti
ph. Kishin Shinoyama