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SCRIPTPHOTOGRAPHY

Tony RAY-JONSON                                                                   (GB) 

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TONY RAY-JONES

Qualcuno non lo sa. Qualcuno non sa che la morte inizia troppo presto, che sta dentro nello stesso respiro della vita, quella vita a cui è facile abituarsi, e quando lo hai fatto, quando ne hai pienezza ecco che ti appare. E ti porta via. Eppure, come una sorta di presentimento che compensa l’inconsapevolezza del proprio destino, una febbre impedisce di sprecare un solo minuto. È il caso di Tony Ray-Jones (1941-1972) che è vissuto solo trentun anni, finché la leucemia ha voluto mettere la parola fine alla sua vita. Trentun anni vissuti nell’irrequietezza creativa, nel desiderio di capire gli altri ancorché se stesso. E questo farà quando negli anni ’60 Ray-Jones si reca negli Stati Uniti a confrontarsi con i talenti emergenti, a respirare la stessa aria e camminare sulle stesse strade di Winogrand e Mejerowitz e riportare tutto a casa, in quella Gran Bretagna che dopo il viaggio americano gli appariva più che mai pittoresca. E di questo volle occuparsi. I vezzi, le abitudini, lo spirito e la mentalità degli inglesi diventano oggetto di studio antropologico quasi che gli anacronismi quotidiani, la tradizione e l’involontario umorismo insito in taluni atteggiamenti fossero aspetti peculiari da preservare e documentare prima che una globalizzazione ancora distante a venire, ne decretasse la definitiva sparizione. Il lavoro costante e tre libri (“American Colour”, Only in England” e “A day off”) lo consacreranno come uno dei fotografi più influenti della scena britannica. Le sue foto non illustrano, mordono, disturbano e strappano, mentre invitano alla riflessione, un sorriso amaro. La vita, nelle foto di Tony Ray-Jones, sembra obbedire a un “tempo proprio”, a una dimensione incurante dell’obiettivo fotografico e dove la straordinaria varietà di soggetti rappresentati riempiono l’inquadratura con un “affollamento di sguardi” solo apparentemente slegati dalla narrativa dell’immagine ma che invece concludono efficacemente quell’aria di svogliata rilassatezza, un non curante abbandono impressi in ogni frame. Scene minime. Bagnanti nelle fredde spiagge di Brighton, personaggi colti nella celebrazione del nulla, oppure impegnate a rincorrere un momento di semplice svago sono tutti legati dal desiderio del fotografo di comporre un affresco del sociale dove non mancano – in certe occasioni – talune discese che avrebbero suscitato l’interesse di Arbus. Ma è solo un momento, poi Tony Ray-Jones riprende coerentemente a parlare la sua lingua. Provò, nella sua breve vita, a far parte della Magnum. Due volte. E in entrambi i casi i suoi portfolio furono respinti. Per ironia della sorte, invece membro effettivo della Magnum divenne un fotografo che si abbeverò alle foto di Tony Ray-Jones. Il suo nome è Martin Parr (si racconta che quando HCB seppe dell’ingresso di Parr nella prestigiosa agenzia, il maestro fece un balzo dalla sedia), per cui il lavoro di Ray-Jones è stato seminale. Trentun anni, poi il sangue lo ha tradito. Ma noi, oltre ad ammirare le foto, da Tony Ray-Jones apprendiamo una lezione grandiosa, un invito a non sciupare un solo minuto della nostra vita. Solo così ci è dato celebrarla.

Giuseppe Cicozzetti

foto Tony Ray-Jones

 

 

Someone doesn't know. Someone doesn’t know that death begins too early, that it is within the same breath of life, that life it is easy to get used to, and when you have done it, when you have fullness, it appears to you. And it takes you away. Yet, as a sort of presentiment that compensates for the unawareness of one's destiny, a fever prevents one minute from wasting. This is the case of Tony Ray-Jones (1941-1972) who lived only thirty one years, until leukemia wanted to put an end to his life. Thirty-one years lived in creative restlessness, in the desire to understand others even if himself. And this he will do when in the 60s Ray-Jones travels to the United States to confront emerging talents, to breathe the same air and walk on the same streets as Winogrand and Mejerowitz and bring everything back home, to that Great Britain that after American travel seemed more picturesque than ever. And he wanted to deal with this. The habits, habits, spirit and mentality of the English become the subject of anthropological study almost as if the daily anachronisms, the tradition and the involuntary humor inherent in certain attitudes were peculiar aspects to be preserved and documented before a globalization still distant to come, decreed the definitive disappearance. The constant work and three books ("American Color", Only in England"and “A day off ") will consecrate him as one of the most influential photographers on the British scene. His photos do not illustrate, bite, disturb and tear, while inviting reflection, a bitter smile. Life, in Tony Ray-Jones' photos, seems to obey a "proper time", a careless dimension of the photographic lens and where the extraordinary variety of subjects represented fill the frame with a "crowding of looks" only apparently unrelated from the narrative of the image but which instead effectively conclude that air of listless relaxation, a careless abandonment imprinted in each frame. Minimal scenes. Bathers on the cold beaches of Brighton, characters caught in the celebration of nothing, or committed to chasing a moment of simple entertainment are all linked by the photographer's desire to compose a fresco of the social where there are - on certain occasions - certain descents that would have aroused the interest of Arbus. But it's only a moment, then Tony Ray-Jones coherently resumes speaking his language. In his short life he tried to be part of the Magnum. Twice. And in both cases his portfolios were rejected. Ironically, however, he became a full-fledged member of the Magnum photographer who drank from Tony Ray-Jones' photos. His name is Martin Parr (it is said that when HCB learned of Parr's entry into the prestigious agency, the master jumped from his chair), for which Ray-Jones' work was seminal. Thirty-one years, then the blood betrayed him. But in addition to admiring the photos, we learn a great lesson from Tony Ray-Jones, an invitation not to waste a single minute of our life. Only in this way can we celebrate it.

Giuseppe Cicozzetti

ph. Tony Ray-Jones

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