FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
IGOR POSNER
Vive in noi una solitudine amara, ferma e latente e che affiora notturna come un incubo al quale siamo affezionati: è la struggente esperienza dell’assenza. Nella bellissima poesia che attraversa l’Odissea, il tema centrale del ritorno intreccia ogni verso: Odisseo tornerà a Itaca sotto le spoglie lacere di un mendicante e benché sia consapevole che tutto è cambiato in sua assenza ha il solo obiettivo di cancellare un passato diventato un intollerabile presente. Nel mito, dove tutto è possibile, questa operazione è plausibile, non però tra i mortali della contemporaneità. Diceva Cesare Pavese che “è utile nascere in un piccolo paese, se non altro per poterlo abbandonare” ma è pur vero che una volta lasciato il luogo natio niente più sarà come prima, né il borgo né l’uomo.
A darcene testimonianza è il fotografo russo Igor Posner, che a poco meno di vent’anni lascia Leningrado per recarsi a studiare negli Stati Uniti. Quando vi farà ritorno, circa quattordici anni più tardi, tutto intorno a lui è mutato, anche il nome della sua città che nella sua assenza è tornata a chiamarsi San Pietroburgo.
In ogni uomo la memoria è tutto. Elias Canetti sosteneva che “un uomo senza memoria è un uomo che non ha vissuto, i cui occhi hanno visto inutilmente” e dunque è proteso verso la conservazione di una memoria che è insieme identità e sentimento. Ma l’incedere del tempo è un fiume che non arresta il suo corso. Tornato a San Pietroburgo Posner vive in pieno la crisi tra un mondo conosciuto e lasciato e quello irrimediabilmente trasformato dallo scorrere della cronaca, che obbliga a sentirsi stranieri nei luoghi in cui si è cresciuti mentre da ovunque dipartono echi di un’inevitabile senso di appartenenza. Eppure in questo disagio c’è un delicato struggimento, lo stesso che ci costringe a ricercare tracce di noi stessi e del nostro vissuto in luoghi irrimediabilmente cambiati in nostra assenza ma che se visti con gli occhi della memoria ci appaiono ancora vivi, uguali a se stessi e dunque capaci ancora di vibrare ricordi. Tutto in fondo cambia ma tutto, a guardare bene, è sempre uguale. Lo sono le strade, magari più affollate e ricche delle insegne del nuovo consumo; lo sono i gesti, sebbene adeguati alla nuova velocità; lo sono i volti, stridenti per la sovrapposizione omologata dei più; lo sono le parole, ormai piegate a un nuovo e incomprensibile vocabolario. Ma sopravvivono tracce e sono queste che Igor Posner ha voluto fermare e conservare perché non si disperda la sua memoria che è insieme il frammento della memoria di una intera generazione. Le fotografie di Igor Posner, raccolte con il titolo di “Past Perfect Continuous”, raccontano questo cambiamento e lo struggimento che ne consegue reso ancora più efficacemente da un “blurred” che restituisce appieno il senso di straniamento, di uno sradicamento che si vuole colmare quasi convulsivamente e presto. “Past Perfect Continuous” è una delicatissima introspezione per immagini che risuona di nostalgia, di memoria e poesia, che odora di un “passato perfetto” mutato, sì, ma non tanto da risultare irriconoscibile agli occhi e alla sensibilità più attente. E noi apprezziamo gli uomini la cui memoria è cara come un sentimento.
Giuseppe Cicozzetti
da “Past Perfect Continuous”.
foto Igor Posner.
Lives inside us a bitter solitude, firm and latent and that surfaces at night like a nightmare to which we’ve loved: it is the tormenting experience of absence.
In the beautiful poem that crosses the Odyssey, the central theme of the return intertwines every verse: Odysseus will return to Ithaca under the ragged clothes of a beggar and although he is aware that everything has changed in his absence has the unique objective of erasing a past become an intolerable present.
In myth, where everything is possible, this operation is plausible, but not among the mortals of contemporaneity. Cesare Pavese said that "it is useful to be born in a small country, if only to be able to abandon it" but it is also true that once you leave the birth place nothing will be as before, neither the village nor the man.
Give us a testimony is the Russian photographer Igor Posner, who leaves Leningrad to go to study in the United States, is less than twenty years old. When he returns, about fourteen years later, everything around him has changed, even the name of his city that in his absence has returned to be called St. Petersburg.
In every man, memory is everything. Elias Canetti claimed that "a man without memory is a man who has not lived, whose eyes have seen uselessly" and therefore leans towards the preservation of a memory that is both identity and sentiment. But the passing of time is a river that does not stop its course.
Back in St. Petersburg Posner lives in full the crisis between a world known and left and the one hopelessly transformed by the flow of news, which forces you to feel strangers in the places where you grew up and echoes of an inevitable sense of belonging starting from everywhere.
Yet in this discomfort there’s a delicate yearning, the same that forces us to seek traces of ourselves and our lives in places irremediably changed in our absence but that if seen with the eyes of memory, they still appear alive, equal to if themselves and therefore still capable of vibrating memories. Everything basically changes but everything, looking good, is always the same. Streets, perhaps more crowded and full of signs of new consumption; the gestures are same, though adapted to the new speed; same are the faces too, strident for the overlapping of the most approved; so are the words, now bent to a new and incomprehensible vocabulary.
But traces survive and are these that Igor Posner wanted to stop and preserve because his memory is not lost, which is at the same time the fragment of the memory of an entire generation. The photographs of Igor Posner, collected with the title of "Past Perfect Continuous", recount this change and the torment that follows made even more effectively by a "blurred" that fully returns the sense of estrangement, of an uprooting that you want to fill almost convulsively and soon.
"Past Perfect Continuous" is a delicate introspection for images that resonates with nostalgia, memory and poetry, which smells of a "perfect past" changed, yes, but not so much to be unrecognizable to the eyes and sensitivity more attentive. And we appreciate men whose memory is as dear as a feeling.
Giuseppe Cicozzetti
da “Past Perfect Continuous”.
foto Igor Posner.