FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Luca PIERRO (IT)
LUCA PIERRO
C’è in “Photographic Portraits behind the Canvas”, del fotografo Luca Pierro, una ventata sovversiva che si traduce nella distruzione della staticità formale che pervade la ritrattistica. Quando osserviamo un ritratto fotografico, la nostra attenzione si soffermerà sulla compostezza dell’immagine, indagheremo sull’aspetto del soggetto e poi ci muoveremo alla ricerca di qualcosa di più profondo che solo la fotografia sa carpire e offrire alla vista e che abita la ragione stessa del ritratto: l’anima: ogni ritratto che si rispetti deve disvelare l’anima del soggetto. Il lavoro di Luca Pierro si spinge in un territorio ancora inesplorato della ritrattistica. Si potrebbe affermare che egli più che fotografare un soggetto intenda fotografare un ritratto, una realtà già in vita, tangibile e conclusa, ma che tuttavia ancora non ha terminato il suo racconto. Ed è nella ritrovata “plasticità”, nella sua restituzione alla vita che dimora la sovversione. I soggetti di Luca Pierro sono colti nel momento di ribellione dallo status che li vorrebbe oggetti inermi, consegnati alla memoria. Invece li vediamo dibattersi, reclamare nuova vita mentre con gesti anarchici cercano di reimpossessarsi di nuova linfa vitale. Le figure tentano di fuoriuscire dallo spazio angusto della cornice nella quale sono ingabbiati e come “prigioni”, sorpresi a liberarsi da una materia qui metafisica, vediamo l’angustia nei loro corpi, nelle grida, in ognuna delle loro anime rivoltose. Solo un diaframma si frappone tra essi e noi, una sottile separazione trasparente che aggiunge un pathos irreale e dal quale noi apprendiamo la difficoltà d’essere senza essere. Le figure ci appaiono in forma di fantasmi nella lotta di un’evanescenza che cerca di divenire corporeità. E in questa contesa, una volta confusa la fisiognomica contro il telo trasparente, non resta che un’immagine talvolta spettrale, stilisticamente vicina ora all’espressionismo nordico di Munch (si guardi l’urlo sordo nella prima foto) ora alle contorsioni carnali esplorate da Bacon o, se volete, a talune trasposizioni orrorifiche cui ci ha abituato un certo cinema. Ma in ognuna delle fotografie di “Photographic Portraits behind the Canvas” c’è una forza primigenia, un sospiro ancestrale e vivo e che ora, facendosi potente, reclama d’essere risarcito. Il ritratto del ritratto, dunque non è casuale la scelta di un fondo nero da cui si stagliano i soggetti: sono loro i protagonisti. Il loro tormento è in primo piano, ravvisabile, chiaro come una chiamata cui non si può non rispondere: la materia creduta morta torna a vivere, popola la nostra immaginazione d’osservatori per abbandonarci nel territorio dell’inquietudine. Potenza della fotografia, il cui limite alle possibilità – e non mi riferisco solo alla tecnologia digitale: nelle foto che vediamo il lavoro di post-produzione è minimo – risiede solo nella fantasia e nella creatività dell’uomo.
Giuseppe Cicozzetti
da “Photographic Portraits behind the Canvas”
foto Luca Pierro
There’s in "Photographic Portraits behind the Canvas" by photographer Luca Pierro, a subversive wind which translates into the destruction of formal immobility that pervades portraiture.
When we observe a photographic portrait, our attention will focus on the composure of the image, we will investigate the appearance of the subject and then we will move in search of something deeper that only photography can steal and offer to sight and that inhabits the same reason of the portrait: the soul: every portrait worthy of this name must unveil the subject's soul.
The Luca Pierro’s work pushes itself into an unexplored territory of portraiture. It could be argued that he rather than photographing a subject intends to photograph a portrait, a reality already in life, tangible and complete, but which, however, has not yet finished his story.
And it’s in the rediscovered "plasticity", in its return to life that subversion lives. The subjects of Luca Pierro are caught in the moment of rebellion by the status that they would want unarmed objects, delivered to the memory. Instead we see them debating, reclaiming new life while with anarchist gestures they try to get back their new lifeblood.
The figures try to escape from the narrow space of the frame in which they are caged and as "prisoners", surprised to free themselves from a material metaphysical here, we see the anguish in their bodies, in their cries, in each of their revolting souls.
Only a diaphragm comes between them and us, a subtle transparent separation that adds an unreal pathos and from which we learn the difficulty of being without being. The figures appear to us in the form of ghosts in the struggle of an evanescence that seeks to become corporeality.
And in this contest, once the physiognomy against the transparent sheet is blurred, there is only an image that is sometimes spectral, stylistically close now to Munch's northern expressionism (look at the dull scream in the first picture) now at the carnal contortions explored by Bacon or, if you like, to some horrible transpositions to which a certain cinema has accustomed us.
But in each of the photographs of "Photographic Portraits behind the Canvas" lies a primordial force, an ancestral sigh and alive and now, making itself powerful, claims to be compensated. The portrait of the portrait, therefore, is not a casual choice of a black background from which the subjects stand out: they are the protagonists.
Their torment is in the foreground, recognizable, clear as a call that cannot resist: the material believed dead returns to live, populates our imagination of observers to abandon us in the territory of unrest. Power of photography, whose limitation of possibilities - and I'm not just referring to digital technology: in the photos we see the work of post-production is minimal - it resides only in the imagination and creativity of man.
Giuseppe Cicozzetti
from “Photographic Portraits behind the Canvas”
ph. Luca Pierro