FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Lori NIX (USA)
LORI NIX
Ha scritto Heidegger che “l’uomo non teme il futuro perché non ne ha cognizione”, il che equivale a dire che l’uomo non ha alcuna coscienza del futuro perché non conosce gli effetti delle sue azioni di oggi. La fotografia, così come l’uomo, ha con il futuro un rapporto controverso. Per sua natura fotografa l’esistente, l’oggettivamente presente, l’eternamente concreto materializzato di fronte l’obiettivo, concentrandosi storicamente nella raffigurazione dell’oggi, seppure con differenti linguaggi La letteratura e ancora di più il cinema hanno saputo “immaginare” il futuro meglio di quanto, appunto, non sappia fare la fotografia. L’avvento delle tecnologie digitali ha però dato slancio alla fotografia offrendo nuove possibilità di interventi, superando il “gap” e favorendo l’ingresso in territori prima inesplorati. Lo sa bene la fotografa americana Lori Nix che, grazie al digitale, ha saputo rompere il velo che impediva all’uomo di avere cognizione circa il suo futuro. In questo caso catastrofico. Le sue sono proiezioni cataclismatiche futuribili ma per nulla non improbabili, specialmente alla luce degli sviluppi degli armamenti nucleari e delle minacce svolazzano per i continenti.
Diorami. Ambientazioni minuziosissime così finte da sembrare più vere del vero. Luoghi noti all’uomo, da lui frequentati ma che in sua assenza divengono spettrali, angoscianti: le immagini che vediamo ci dicono come diventa una città senza l’uomo: vita senza vita. Il protagonista non c’è più, è estinto. E si sente la mancanza. Ovunque è disarmo. Una natura ormai senza padroni si impossessa degli ambienti prima governati dalla presenza umana, dalle sue attività quotidiane e l’effetto è spaventoso. Il lavoro di Nix è una proiezione. E per nulla esagerata. E’ la restituzione di un incubo che ha nell’uomo il solo responsabile. Attraverso le immagini la fotografa statunitense ci avverte a quale (non) futuro potremmo andare incontro qualora l’essere umano desse fondo a una follia suprematista, a una guerra nucleare che vedrebbe sconfitta l’intera umanità. Pare, osservando le fotografie, di ascoltare il celebre aforisma di Einstein, secondo cui ignorava come si sarebbe combattuta la terza Guerra Mondiale ma di certo la quarta avrebbe visto l’uso delle fionde. Il “convitato di pietra” dunque non c’è, ma se ne vede l’opera. Ecco dunque che il lavoro di Lori Nix diviene un “reportage futuribile” che di fantascientifico non ha niente. I luoghi sono violati dall’incuria, dall’abbandono, segno che la Terra ha bisogno delle attività dell’uomo come l’uomo necessita di luoghi in cui vivere. Chiese, aule di scuola, fast-food, metropolitane, casinò, biblioteche, coiffeur colpiti da un’èra post-atomica rivelano quanto la presenza dell’uomo sia importante, a patto che questi ne rispetti il volto grazie alla consapevolezza di una sostenibilità conservativa.
Per quanto nelle immagini vogliamo cogliere l’elemento primario della composizione, dello studio accuratissimo degli interni di edifici, il lavoro di Lori Nix è una denuncia fortissima. Un grido d’allarme. Un monito: è così, vuole dirci la fotografa, che saranno le nostre città quando noi non ci saremo. Pensiamoci. E corriamo ai ripari.
Giuseppe Cicozzetti
da “The City”
foto Lori Nix
Heidegger wrote that "man does not fear the future because he has no knowledge of it", which is equivalent to saying that man has no conscience of the future because he does not know the effects of his actions today. Photography, like man, has a controversial relationship with the future.
By its nature it photographs the existing, the objectively present, the eternally concrete materialized in front of the lens, focusing historically on the representation of today, although with different languages. Literature and even more the cinema have been able to "imagine" the future better than, in fact, does not know how to make photography.
The advent of digital technologies, however, has given a rush to photography by offering new possibilities for action, overcoming the "gap" and favoring entry into previously unexplored territories. The American photographer Lori Nix knows it well, thanks to digital technology, she was able to break the veil that prevented the man from having knowledge about his future. Catastrophic, in this case.
Her projections are futuristic cataclysmic but not at all improbable, especially in light of the developments of nuclear weapons and threats fluttering across the continents.
Dioramas. Minimalistic settings so fake to seem more real than the real thing. Places known to man, frequented by him but which in his absence become ghostly, distressing: the images we see tell us how it becomes a city without man: life without life.
The protagonist is no longer there, he is extinct. And you miss it. Wherever it is disarmed. A nature now without masters takes possession of the environments first governed by human presence, its daily activities and the effect is scary. Nix's work is a projection. And not at all exaggerated.
It is the return of a nightmare that has the see in man the only responsible. Through the images, the US photographer warns us to which (non) future we could meet if the human being gave a supremacist madness, a nuclear war that would defeat the whole of humanity.
It seems, observing the photographs, to hear the famous aphorism of Einstein, according to which he ignored how the Third World War would be fought, but certainly the Fourth would have seen the use of slingshots.
The "ghost guest" therefore does not exist, but the work is seen. So here is that the work of Lori Nix becomes a "futuristic reportage" that has nothing to do with science fiction. Places are violated by neglect, abandonment, a sign that the earth needs human activities as man needs places to live.
Churches, school classrooms, fast-food restaurants, subways, casinos, libraries, hairdressers hit by a post-atomic era reveal how important the presence of man is, provided that he respects his face thanks to the awareness of conservative sustainability.
As in the pictures we want to capture the primary element of the composition, the careful study of the interiors of buildings, the work of Lori Nix is a very strong denunciation. A cry of alarm. A warning: that's how it is, the photographer wants to tell us, which will be our cities when we will not be there. Think about it. And let's run for cover.
Giuseppe Cicozzetti
from “The City”
ph. Lori Nix