FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Sandro MILLER (USA)
SANDRO MILLER
Essere John Malkovich. Si dice che l’imitazione altro non sia che la forma più alta di rendere omaggio verso qualcosa che amiamo, a patto che essa non rappresenti un punto d’arrivo. Nei tempi più gloriosi dell’arte, gli artisti si esprimevano imitando i grandi maestri del passato e, imitando, infine trovavano se stessi. Un capolavoro in fondo non è che un’imitazione mal riuscita. Un gioco tra amici non ha bisogno di nessuna spiegazione, perché se ne senta la freschezza ha bisogno soltanto di complicità e, in questo caso, della fusione di due talenti. Quando il fotografo americano Sandro Miller ha gettato le basi per il suo nuovo progetto, un lavoro che nelle intenzione avrebbe reso omaggio ai maestri della fotografia, ha chiesto al suo amico, l‘attore John Malkovich di interpretare il soggetto – non importa se maschile o femminile – delle più iconiche fotografie del Novecento. Il risultato non è una semplice parodia, né una divertita (e riuscita) burla visiva come quelle che in queste settimane girano in Rete. Qui, in “Malkovich, Malkovich, Malkovich: Hommage to photographic Masters”, assistiamo al lavoro d’un professionista che si accosta ai capolavori della fotografia con scrupolo maniacale. Sono identiche le inquadrature, l’ambientazione. Sono identiche le luci, le ombre sui soggetti. C’è insomma un’attenzione così scrupolosa da farci pensare a forti manipolazioni in fase di post-produzione. In realtà ci sono, ma sono ridotti al minimo, giusto per distribuire qua e là quelle sgranature nelle fotografie più vecchie. Il resto lo fa John Malkovich con la sua qualità d’attore, che gli consente di “entrare” in ogni personaggio. Infatti Malkovich non imita, interpreta. Al resto pensa la sapienza d’un fotografo che ama la fotografia. Mentre scorrono fotografie che gli appassionati riconosceranno come patrimonio della loro formazione, è probabile che sentiranno come il senso della comunanza visiva non sia affatto scalfito da un gioco che potrebbe preannunciarsi come irriverente. Al contrario. In “Malkovich, Malkovich, Malkovich: Hommage to photographic Masters”, essendo un omaggio come si è già detto, non c’è niente di iconoclasta né è pervaso dalla sfida. Questo si avverte subito e noi guardiamo alla foto con uno stupore tanto divertito quanto familiare. Nessuna sfida, si diceva – né potrebbe essere altrimenti. Qui non c’è agonismo, nessuno è attraversato dal desiderio di superare qualcun altro né dimostrare d’esser capace di rifare quanto è stato fatto – benissimo – prima. Sandro Miller vuole affiancarsi, camminare sulle impronte dei maestri e rispettarne le orme, tanto che affiancate alle sue le fotografie “autentiche” ci appaiono come desidera lui, ancora più grandi di quanto non siano già. John Malkovich, presta la sua fisicità d’attore. Mutevole, cangiante al punto che è credibile come una Madre Migrante, disturbante come le due gemelline (forse anche più), misterioso come Bette Davis, profondo come Picasso e linguacciuto come Einstein. Egli è la materia umana su cui Miller fonda ed estrae il senso del suo lavoro, un lavoro che diverte e incanta.
Giuseppe Cicozzetti
da “Malkovich, Malkovich, Malkovich: Hommage to photographic Masters”
foto Sandro Miller
Being John Malkovich. Some say that imitation it aint’ nothing more than the highest form of paying homage to something we love, as long as it does not represent a point of arrival. In the most glorious times of art, artists expressed themselves by imitating the great masters of the past and, by imitating, they finally found themselves. After all, a masterpiece is only a failed imitation. A game between friends needs no explanation, because if you feel the freshness it needs only complicity and, in this case, the fusion of two talents. When the American photographer Sandro Miller laid the foundations for his new project, a job that would have paid homage to the masters of photography in his intentions, he asked his friend, actor John Malkovich to interpret the subject - no matter if male or female - of the most iconic photographs of the twentieth century. The result is not a simple parody, nor an amused (and successful) visual joke like those that have been circulating on Web in recent weeks. Here, in "Malkovich, Malkovich, Malkovich: Hommage to photographic Masters", we witness the work of a professional who approaches the masterpieces of photography with a maniacal scruple. The shots, the setting are identical. The lights and shadows on the subjects are identical. In short, there is attention so scrupulous as to make us think of strong manipulations in the post-production phase. In reality there are, but they are reduced to a minimum, just to distribute those ginings here and there in the older photographs. John Malkovich does the rest with his acting quality, which allows him to "enter" in every character. Indeed Malkovich does not imitate, he interprets. The wisdom of a photographer who loves photography takes care of the rest. As they scroll through photographs that enthusiasts will recognize as the heritage of their training, it is likely that they will feel that the sense of visual commonality is not affected at all by a game that could portend itself as irreverent. In reverse. In "Malkovich, Malkovich, Malkovich: Hommage to photographic Masters", being a tribute as already mentioned, there is nothing iconoclastic nor is it pervaded by the challenge. This is immediately noticeable and we look at the photo with as much amusement as it is familiar. No challenge, it was said - nor could it be otherwise. Here there is no competitive spirit, nobody is crossed by the desire to overcome someone else or to demonstrate that they are capable of redoing what has been done - very well - before. Sandro Miller wants to work side by side, walk on the masters' footprints and respect their footsteps, so much so that alongside them his "authentic" photographs appear to us as he wishes, even larger than they already are. John Malkovich, lends his physicality as an actor. Mutable, iridescent to the point that it is credible as a Migrant Mother, disturbing like the two twins (perhaps even more), mysterious like Bette Davis, deep like Picasso and tongue like Einstein. He’s the human matter on which Miller founds and extracts the meaning of his work, a work that amuses and enchants.
Giuseppe Cicozzetti
from “Malkovich, Malkovich, Malkovich: Hommage to photographic Masters”
ph. Sandro Miller