FOTOTECA SIRACUSANA
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Raya MIKHAYLOVA (Russia)
RAYA MIKHAYLOVA
In “Von der Notwendigkeit der Kunst” (tradotto in Italia con il titolo “L’arte è necessaria?”), sostiene un principio sul quale non si può che concordare: “La mano” dice il filosofo e critico tedesco Ernst Fischer “è il vero organo della civiltà, iniziatore dell’evoluzione umana”. Le mani dunque sono gli interpreti del sapere umano, i terminali della sua conoscenza. Nel bene così nel male. Poiché noi amiamo il lato positivo dell’uomo, guarderemo alle mani tra le cui dita è custodita la più nobile della vocazioni: salvare una vita. E non, come vedremo, solamente umana, perché la definizione di vita non necessita aggettivi: una vita è una vita. La fotografa russa Raya Mikhaylova racconta proprio questo. Nella serie “L’arte della guarigione” (in originale “Iskusstvo Istseleniya”) vediamo una giornata nella vita di donne e uomini, medici al lavoro in una clinica veterinaria di Mosca mentre operano per guarire gli amici che abitano le nostre case: cani e gatti. Il loro è un lavoro che sottende a qualcos’altro. Se è vero quanto affermava Kant cioè che “si può conoscere il cuore di un uomo già dal modo in cui tratta gli animali”, l’attività di un veterinario allora è più d’un mestiere: è un indicatore del grado della civiltà umana. Qui non è solamente scienza, c’è dell’altro. C’è primariamente il sapere umano posto al servizio dei nostri amici animali ora sofferenti, e per questo bisognosi di cure. Arte antica è la veterinaria. Antica e nobile. Arte infatti la definiva Paracelso, perché “il carattere del medico può agire sul paziente con più forza rispetto ai farmaci impiegati”. E questo è l’assunto che ha mosso la nascita, e soprattutto lo stile, di “L’arte della guarigione”. Per quanto vediamo l’aspetto clinico, che pure è evidente (siamo infatti introdotti fin dentro la sala operatoria), è presto superato da una considerazione che abita la sensibilità di ognuno di noi e che ci convince che importanti come e più delle cure sanitarie siano quell’insieme di premure a corredo di ogni veterinario, il che lo rende con sicurezza “il migliore amico dei nostri migliori amici”, un esperto a cui affidare il benessere di chi prima lo ha infuso a chi ha la fortuna di averli accanto. Il cuore e le sue diramazioni sono la migliore medicina. E qui, nelle immagini di Raya Mikhaylova, di cuore ce n’è tanto, ma senza scadere nella retorica delle immagini patinate e ruffiane che trasudano dalle foto di animali e che per questo ci tengono lontani dall’apprezzarle. Sono certo che condividerete con me la prima impressione, quello a cui ho pensato mentre le immagini scorrevano fluide e compassionevoli davanti ai miei occhi. Ho avuto infatti la sensazione che sui tavoli operatori non vi fossero cani o gatti ma che questi stessi ormai liberi di un’identità corporea fossero “soggetti” aventi diritto alla compassione umana, a un trasporto emotivo del tutto uguale a quello che si prova per un essere umano. Gli animali ci invitano a un arricchimento della nostra sensibilità, consegnandoci a nuove priorità affettive: gli animali ci migliorano. E l’uomo, le cui mani obbediscono alla sapienza della sua scienza, ricambia. A uno sguardo distratto, “L’arte della guarigione” un lavoro piccolo, di “nicchia” che interessi solamente quanti posseggono un animale domestico, invece contiene un messaggio grandioso, l’invito a guardare ogni possibile declinazione dell’amore. Ma c’è di più, e risiede per intero nel linguaggio, nella luce con la quale Raya Mikhaylova ha voluto raccontare questa storia. Una luce puntuale, nitida che si fa largo tra l’oscurità come sospesa tra la “Lezione di anatomia” di Rembrandt e l’opera di un Pierre Narcisse Guérin colto alle prese con Asclepio. Luce saettante e diretta sui soggetti, come esposti in primis alla metafora di una vita (la luce) contro le tenebre (la sofferenza) e nella quale l’uomo è chiamato a dirimere le sorti. Con le sue mani, potenti propaggini di vita.
Giuseppe Cicozzetti
da “L’arte della guarigione” (“Iskusstvo Istseleniya”)
foto Raya Mikhaylova
In "Von der Notwendigkeit der Kunst" (translated in Italy with the title "Art is necessary?"), It supports a principle that can only be agreed upon: "The hand" says the German philosopher and critic Ernst Fischer "is the true organ of civilization, initiator of human evolution ". The hands are therefore the interpreters of human knowledge, the terminals of his knowledge. In good, so in evil.
Since we love the positive side of man, we will look at the hands between whose fingers the noblest of vocations is kept: to save a life. And not, as we shall see, only human, because the definition of life does not require adjectives: a life is a life. The Russian photographer Raya Mikhaylova tells just that. In the series "The art of healing" (in original "Iskusstvo Istseleniya") we see a day in the lives of women and men, doctors at work in a veterinary clinic in Moscow working to heal the friends who live our homes: dogs and cats.
Theirs is a job that underlies something else. If it is true what Kant said that "we can know the heart of a man already from the way he treats animals", the activity of a veterinarian then is more than a trade: it is an indicator of the degree of human civilization. Here it is not just science, there is more. There is primarily human knowledge placed at the service of our now suffering animal friends, and for this in need of care. Ancient art is the veterinary. Ancient and noble.
In fact, art defined it Paracelsus, because "the character of the doctor can act on the patient with more force than the drugs used". And this is the assumption that moved the birth, and above all the style, of "The art of healing". As far as we see the clinical aspect, which is also evident (we are in fact introduced into the operating room), it is quickly overcome by a consideration that inhabits the sensitivity of each of us and convinces us that important how and more of health care are that set of attentions in support of each vet, which makes it with confidence "the best friend of our best friends", an expert to whom entrust the wellness of those who first infused it to those lucky enough to have them so close.
The heart and its branches are the best medicine. And here, in the images of Raya Mikhaylova, there is so much heart, but without expiring in the rhetoric of the patinated and ruffian images that ooze from the photos of animals and that keep us away from appreciating them. I am sure that you will share with me the first impression, the one to which I thought while the images flowed fluid and compassionate before my eyes.
In fact, I had the feeling that there were no dogs or cats on the operating tables, but that they were now free of a bodily identity and were "subjects" with the right to human compassion, to an emotional transport that was the same as what one feels for a human being. The animals invite us to an enrichment of our sensitivity, delivering us to new affective priorities: the animals improve us. And man, whose hands obey the wisdom of his science, repays.
At a distracted look, "The art of healing" is a small work of "niche" that only interests those who own a pet, instead it contains a great message, an invitation to look at every possible declination of love. But there is more, and it resides entirely in language, in the light with which Raya Mikhaylova wanted to tell this story.
A precise, clear light that makes its way between the darkness as suspended between the "Lesson of anatomy" by Rembrandt and the work of a Pierre Narcisse Guérin caught up with Asclepius. A dazzling and direct light on the subjects, as exposed above all to the metaphor of a life (light) against darkness (suffering) and in which man is called to settle the destiny. With his hands, powerful offshoots of life.
Giuseppe Cicozzetti
from “Tha art of healing” (“Iskusstvo Istseleniya”)
ph. Raya Mikhaylova