FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Grey MALIN (USA)
GRAY MALIN
Molti fotografi hanno con il colore un rapporto controverso. E’ probabile che non pensino al colore in termini di forma. Opinione più che rispettabile, ma è vero che a colori si esprimono cose che non possono essere raccontate in bianco e nero. L’intero lavoro del fotografo texano Grey Malin è lì a testimoniare questo assunto. E pazienza Malin si ferma alla prima parte di quanto è stato detto da qualcuno: “il mondo è a colori ma la realtà è in bianco e nero”. Alle introspezioni suggerite dal bianco e nero Malin preferisce le affermazioni del colore; e in una forma che riteniamo assai personale. Sotto ogni profilo.
Innanzitutto il suo sguardo: la focale è allo zenit delle cose – siano esse spiagge, piscine, campi innevati o prati –, il che elimina ogni suggestione prospettica per consegnarci il disegno di una trama altrimenti impercettibile e che noi guadagniamo attraverso i suoi occhi. Così il mondo popolato da uomini e cose ci appare in possesso di un ordine autonomo, naturale quanto insospettabile. Un ordito, un disegno che evoca inevitabilmente le delicate e minuscole figure dei tessuti di un’azienda che a metà degli anni Ottanta qui in Italia ebbe un grande successo. E il paragone non sembri inappropriato, perché ai lavori di Gray Malin si è interessata proprio l’industria, che appropriandosi dei suoi “moduli” se ne serve per farne complementi d’arredo. E’ sicuro che la disposizione di uomini e cose, rigorosamente proposte da un punto di vista per noi di difficile frequentazione (le foto sono scattate a bordo di un elicottero), crea uno stordimento per il quale impieghiamo qualche secondo prima di comprendere che dei puntini viola, azzurri o chissà cos’altro ancora, altro non sono che ombrelloni o che l’ordinato allineamento di piccoli rettangoli non sono che asciugamani da spiaggia. Confusione che non è che un gioco (al quale partecipiamo volentieri), ma alla fine apprendiamo che tutto quanto vediamo è lì, in una forma che non vuol essere niente più di quello che è ma disposta (molto spesso) secondo una geometria piana o, (spesso ancora), in un allineamento incoerente, casuale, ma in cui si nota il gusto del fotografo per un “pattern” raffinatissimo. Fuori dunque da un concept pretenzioso, il cui obiettivo è mostrare realtà oblique, liquide, astratte Grey Malin privilegia il visibile, il vero, l’interpretabile: c’è già tutto, sembra dire, ma osserviamolo dall’alto e ci sembrerà nuovo.
Giuseppe Cicozzetti
foto Grey Malin
Many photographers have a controversial relationship with color. It’s likely that they don’t think about color in terms of form. Opinion more than respectable, but it’s true that colors are expressed in things that can not be told in black and white. The Texan photographer Gray Malin’s whole work is there to testify this assumption. And patience if Malin stops at the first part of what has been said by someone: "the world is in color but the reality is in black and white". To the introspections suggested by the black and white, Malin prefers the affirmations of color; and in a form that we consider very personal. Under every profile.
First of all his gaze: the focal point is at the zenith of things - beaches, pools, snowy fields or meadows - which eliminates any perspective suggestion to give us the design of an otherwise imperceptible plot that we earn through his eyes.
Thus the world populated by men and things appears to us in possession of an autonomous order, as natural as unsuspected. A warp, a design that inevitably evokes the delicate and tiny figures of the fabrics of a company that in the mid-eighties here in Italy was a great success.
And the comparison doesn’t seem inappropriate, because the Gray Malin’s work has been interested in the industry itself, which by appropriating its "modules" is used to make furnishing accessories. It is certain that the arrangement of men and things, rigorously proposed from a point of view difficult for us to attend (the photos are taken on board a helicopter), creates a stunning for which we take a few seconds before understanding that of the dots purple, blue or who knows what else, are nothing more than umbrellas or that the orderly alignment of small rectangles are nothing but beach towels.
Confusion which is nothing but a game (to which we gladly participate), but in the end we learn that everything we see is there, in a form that doesn’t want to be anything more than what it is but (very often) arranged according to a plane geometry or, (often still), in an inconsistent, casual alignment, but in which we note the taste of the photographer for a very refined "pattern". So out of a pretentious concept, whose goal is to show oblique, liquid, abstract reality Gray Malin privileges the visible, the real, the interpretable: there’s already everything, seems to say, but let's look at it from above and it will seem brand new.
Giuseppe Cicozzetti
ph. Grey Malin