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MALEONN (Cina)
MALEONN
E’ stato detto che il teatro è poesia che esce da un libro con l’intenzione di farsi umana. Siamo certi che questa definizione piacerebbe al fotografo cinese Ma Liang, conosciuto con il “nome de plume” Maleonn. E’ indubbio che esistano molteplici modi per raccontare quanto si desidera ma non capita spesso di vedere versato in una storia (si dovrebbe però parlare al plurale) così tanto humor. La leggerezza, ben guidata da una fervida, creatività è la cifra che contraddistingue le opere di Maleonn, una infantile spensieratezza che gli consente di declinare temi legati alla sua infanzia, alla sua crescita e alla sua formazione in un linguaggio ricco di rimandi fotografici e cinematografici in cui la teatralità di Jan Saudek incrocia il mansueto delirio visivo di Burton prima per fondersi con la nobiltà degli ultimi cara a Kaurismaki. Tutto dialoga. Le visioni si moltiplicano e tutto è raccontato dal bordo una superficie da cui si intravvede una profondità misteriosa e seducente. Memoria, malinconia. Sentimenti con cui bisogna fare i conti. Anche quando non si vorrebbe. Anche quando si ha l’urgenza di raccontare un dramma privato, come quello di restare solo per molti anni poi che i suoi genitori furono spediti nelle lontanissime campagne cinesi vittime della Rivoluzione Culturale. “Quando non c’è nessuno da cui si possa ascoltare una storia allora è meglio raccontarsela da sé” ha detto Maleonn in un’intervista. E di narrare storie non ha più terminato. L’immaginazione come via di fuga. E senza rancore. Anzi, nel suo mondo Maleonn canta la rivincita della levità sulle asprezze, del sogno sulla realtà, dell’immaginazione sul tentativo di omologazione. Ecco dunque che il censore di “Little Flagman”, chiamato a operare le direttive del potere in un Nulla sterile come il tentativo di bloccare un’idea, ci appare una figura così patetica che suscita una naturale simpatia. A loro modo i personaggi di Maleonn sono tutti eroi, malconci e umanizzati magari, come i “supereoi” e i circensi della serie “My photo studio” ma ognuno depositario di una storia da ascoltare, come molto hanno da raccontare i personaggi prigionieri di una campagna desolata di “Nostalgia” che meglio non trovano per ingannare la loro triste esistenza che riempire le giornate con una messinscena straniante, assai simile a un balletto statico, fermo, come un vento che non gonfia le vele. Ma tutto è gioco nelle composizioni di Maleonn. Tutto ha il sapore fortemente retrò di una nostalgia difficile da elaborare. Le fotografie di “The last tango in Shanghai” raccontano il naturale e malinconico addio a un’adolescenza consumata troppo in fretta e in cui grande è il rammarico della perdita del sogno che le protagoniste si adoperano perché esso riviva. In ogni occasione. In ogni momento, come un’arma salvifica. E dunque c’è spazio per ogni cosa nello strano mondo di Maleonn. C’è spazio per la delicatissima e dolente figura di un postino, “The postman”, ad esempio, alle prese con un insolito giro di consegne che somiglia a una bonaria Odissea perché tutto, come insegna il teatro è finzione. Ma finzione non vuol dire non-vero e dunque il grottesco è utilizzato come arma per neutralizzare la banalità del quotidiano. Evitando accuratamente la retorica del vero, Maleonn affida alla teatralità il compito di ribaltare il senso del reale per restituirlo nella sua forma più cristallina, verso l’onirico, dove scene di commedie, biglie colorate, carte volanti, animali indomabili quanto impagliati rimandano direttamente alla finzione accettata convenzionalmente delle scenografie teatrali. Eppure, per finire, c’è qualcosa di più, qualcosa a cui assegnare nella sua interezza realista il racconto di un mondo perduto. E questa volta in bianco e nero, come se la sarabanda di colori e tinte fantasmagoriche non servisse allo scopo di raccontare lo struggimento e la nostalgia di un mondo davvero perduto. “A flash between memory and disillusion” parla proprio di questo. Nel mezzo di un tranquillo paesaggio in bianco e nero che ricorda la calligrafia classica, il personaggio "laminato" e trafitto da una freccia evoca uno stratega del tempo dei Tre Regni, mentre L'uso del bianco e nero rende i soggetti più seri, più lontani dall'infanzia, dove la malinconia sembra aver superato la giocosità. Il lavoro di Maleonn si conclude: ha compiuto una circonvoluzione immaginifica, approdando su lidi inesplorati di una creatività mai disgiunta dal contenuto ha lasciato che sognassimo ad occhi aperti, come fa lui. Lo meritiamo. Ne abbiamo bisogno.
Giuseppe Cicozzetti
Da “Little Flagman”; “My photo studio”; “Nostalgia”; “The last tango in Shanghai”; “The postman”; “A flash between memory and disillusion”.
foto Maleonn
It has been said that theater is poetry that comes out of a book with the intention of becoming human. We are sure that this definition would please the Chinese photographer Ma Liang, “aka" Maleonn. There’s no doubt that there are many ways to tell how much you want, but it is not often that you see yourself poured into a story (you should, however, speak in the plural) so much humor.
The lightness, well guided by a fervid, creativity is the figure that distinguishes the works of Maleonn, a childish carefree that allows him to decline themes related to his childhood, his growth and his training in a language full of photographic and film references, in which the theatricality of Jan Saudek crosses the meek visual delirium of Burton first to merge with the nobility of the last ones dear to Kaurismaki.
Everything dialogues. The visions multiply and everything is told by the edge a surface from which a mysterious and seductive depth can be glimpsed. Memory, melancholy. Feelings that must be dealt with. Even when you do not want to. Even when there is an urgent need to tell a private drama, like that of staying alone for many years, then that his parents were sent to distant Chinese countryside victims of the Cultural Revolution.
"When there is no one from whom we can listen to a story, then it is better to tell it to yourself," said Maleonn in an interview. And to tell stories has not ended anymore. Imagination as an escape route. And without rancor. Indeed, in his world Maleonn sings the revenge of levity on roughness, of the dream about reality, of imagination on the attempt to homologate. Here then the censor of "Little Flagman", called to operate the directives of power in a sterile Nothingness like the attempt to block an idea, there appears a figure so pathetic that arouses a natural sympathy.
In their own way the characters of Maleonn are all heroes, battered and humanized perhaps, as the "super heroes" and the circus of the series "My photo studio" but each depository of a story to listen, as much have to tell the characters prisoners of a campaign desolate of "Nostalgia" that best can not find to deceive their sad existence that fill the days with an alienating staging, very similar to a static ballet, still, like a wind that does not swell the sails. But everything is a game in the Maleonn’s compositions.
Everything has the strongly retro flavor of a nostalgia difficult to process. The photographs of "The last tango in Shanghai" recount the natural and melancholy goodbye to an adolescence consumed too quickly and in which there is great regret of the loss of the dream that the protagonists endeavor to make it relive. On every occasion. At all times, like a saving weapon. So there is room for everything in the strange world of Maleonn.
There is space for the delicate and painful figure of a postman, "The postman", for example, struggling with an unusual turn of deliveries that looks like a good-natured Odyssey because everything, as the theater teaches is fiction. But fiction does not mean non-true and therefore the grotesque is used as a weapon to neutralize the banality of everyday life. Carefully avoiding the rhetoric of the truth, Maleonn entrusts theatricality with the task of reversing the sense of reality to return it in its most crystalline form, towards the oneiric, where scenes of comedies, colored marbles, flying cards, indomitable animals as stuffed refer directly to conventionally accepted fiction of theatrical sets.
And yet, to top it off, there is something more, something to which the story of a lost world is to be assigned in its realist wholeness. And this time in black and white, as if the sarabande of colors and phantasmagoric colors did not serve the purpose of telling the yearning and nostalgia of a truly lost world. "A flash between memory and disillusion" talks about this. In the middle of a calm black and white landscape that recalls classical calligraphy, the character "laminated" and pierced by an arrow evokes a strategist of the Three Kingdoms, while the use of black and white makes the subjects more serious, more far from childhood, where melancholy seems to have overcome the playfulness. The work of Maleonn ends: he has accomplished an imaginative convolution, landing on unexplored shores of a creativity never separated from the content he has let us daydream, as he does. We deserve it. We need it.
Giuseppe Cicozzetti
from “Little Flagman”; “My photo studio”; “Nostalgia”; “The last tango in Shanghai”; “The postman”; “A flash between memory and disillusion”.
ph. Maleonn