FOTOTECA SIRACUSANA
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Morteza MAJIDI (Iran)
MORTEZA MAJIDI
Le fotografie di “When sleeps awakens me” (un progetto iniziato nel 2012) del fotografo iraniano Morteza Majidi sono mute apparizioni, epifanie irreali congegnate in un sistema di rimandi stretto tra l’onirico e una metafisica che ha un suo linguaggio nell’apparato simbolico. I “campi” nei quali si muovono i soggetti sono volutamente antitetici. C’è un ambito domestico che ha conosciuto la corruzione del tempo, e nel quale si tesse l’ordito di un’attività che riconosciamo attraverso gli oggetti. Della protagonista, che non vediamo mai in volto, sappiamo molto poco se non vederla “dialogare” scenicamente con bambole consumate o pezzi di essi che tentano di toccarne il corpo. Ma anche quando la giovane è in compagnia di se stessa la tensione non accenna a diminuire. E con essa il mistero di qualcosa che si è rotto, non sappiamo dove, cosa, né in che modo, ma la cui angoscia è affidata ai corpicini plastificati di bambole semidistrutte che qui, semanticamente, rappresentano una vita che vita non è se non nella sua simulazione. Tutto appare in frantumi, rotto, come una disarticolazione materica che rimanda a un’altra, sentimentale, che ci costringe a mettere insieme i pezzi sparsi nella direzione di una pacificazione con il proprio essere. La ricerca di “When sleeps awakens me” continua in un esterno non meno estraneo e nel quale l’esplorazione del sogno si arricchisce di nuovi percorsi. Qui, in queste immagini, siamo invitati a un’escursione ancora più inquietante. Fuori dalle coordinate domestiche, lontani dalle rassicuranti geometrie spaziali di una casa diroccata l’anima raggela, e inoltrarsi in un bosco assume il valore simbolico di un viaggio senza destinazione. Simboli, metafore, incarnazioni. Questo è “When sleeps awakens me”: un vagabondaggio nell’onirico, una trasferta fuori dal nostro cosciente. Morteza Majidi ha rappresentato i suoi turbamenti, i suoi dèmoni. Figure non soltanto retoriche ma reali che attendono d’essere ordinate, come parole che pretendono d’essere scritte perché ognuno di noi possa leggerle.
Giuseppe Cicozzetti
(Testo per il Catalogo Med Photo Fest - 2018 - Catania - IT)
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