FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Les KRIMS (USA)
LES KRIMS
Gli appassionati di Scriptphotography resteranno sorpresi. E’ la prima volta infatti che introduco il lavoro di un autore senza mostrarne le foto – tranne quella di presentazione. La ragione, per quanto curiosa, ha un fondamento. Se solo pubblicassi una fotografia di Les Krims (Bensonhurst, N.Y., 1942) Scriptphotography incorrerebbe nella spietata censura di Facebook, la sola Corte al mondo che non prevede appello. Insomma si avrebbe più possibilità di essere assolti davanti al tribunale dell’Inquisizione. Tuttavia scriverne senza mostrare le sue foto forse piacerebbe anche a Les Krims, trovando l’escamotage un’azione ribellista verso questa e ogni altra espressione di “potere”. A coloro dunque che incuriositi dal personaggio volessero osservare le sue foto non resta che fare visita al suo sito, che troverà in calce all’articolo come a solito. Vi immagino divisi in due categorie: gli indignati, quelli cioè che troveranno insopportabili le sue provocazioni e chi ne scorgerà un humor nero, anzi nerissimo. In entrambi i casi non troverete compromessi: Les Krims non li concede a nessuno, nemmeno a se stesso. Les Krims è un autentico caso all’interno della fotografia. Iconoclasta e ribelle, forgiato dal conservatorismo americano e di solidissima formazione accademica (ha conseguito una laurea in belle Arti alla Cooper Union University, un’Università tra le più selettive di New York, un master presso il Pratt Institute mentre ora ha una cattedra al Buffalo State College) lascia nella fotografia un segno così potente da precedere le strepitose menzogne di Fontcuberta, gli orrorifici e funesti incubi di Witkin diventando il padre di una staged photography che ancora non sa d’esserlo e che solo qualche decennio dopo conosceremo con due fotografi che a Krims hanno guardato come a un faro: LaChapelle e Crewdson. Ha detto di sé e del suo lavoro con un’enfasi programmatica: “Io non sono uno storico, io creo la Storia. Le mie immagini soni impulso senza decisione. E’ possibile creare qualunque immagine si pensi; questa possibilità, naturalmente, dipende dall’essere capaci di pensare e creare. La più grande fonte potenziale delle immagini fotografiche è la mente”. Una dichiarazione che spazza via in un solo colpo i miti della fotografia americana che fino al finire degli anni Sessanta regnavano indisturbati e anticipa l’avversione dei vincoli ideologici di sinistra dei fotografi attivisti. Krim detesta il suo mondo. Nulla è sacro. E infatti è spietato nel tentativo di derisione di Edward Weston, la cui immagine è tracciata in qualche modo sul pavimento oggetto del piscio d’un uomo; così come detesta la fascinazione borghese di Diane Arbus verso i diversi ponendo (come vedete nell’unica fotografia) al collo di un adolescente affetto da nanismo un cartello che recita cinicamente “Diane Arbus lives in us”. Krims insomma non è interessato a “catturare” lo spirito del tempo, egli è più interessato a commentarlo. Più o meno come una sua allieva al Buffalo State College, Cindy Sherman, che a differenza del maestro ha saputo coniugare il sarcasmo e la critica alla società contemporanea ottenendo maggiore successo di pubblico di quanto non ne abbia riscosso Krims. Amato dalla critica e detestato dal pubblico, sia pure con ampie eccezioni da un lato e dall’altro. E non può che essere così se definisci la fotografia “una piccola industria, una fusione di arti e agenzie governative, che usava i poveri come materia prima di un intrattenimento perverso”. Una critica. Forse un delirio. Ma se Krims si definisce un conservatore e interpreta i suo lavoro come un mezzo per “irritare la sinistra”, caricando la convinzione che la stragrande maggioranza dei fotografi “hanno aiutato a far avanzare la disinformazione marxista disprezzando il Paese nella speranza d’un fallimento” allora il genio si arricchisce d’una forza reazionaria. Queste posizioni collocano Krims al margine del suo stesso mondo, in una brillante e comoda posizione di outsider a cui il fotografo non intende rinunciare. D’altronde i geni li riconosciamo così. E Les Krims lo è, percorrendo ostinatamente una strada, la sua, in direzione contraria al mainstream della cultura visiva dei suoi anni.
Ho voluto rompere il consueto abbinamento foto-testo perché ritengo il lavoro e la figura stessa di Les Krims geniale, fondamentale, direi seminale, un archetipo da cui discende l’impronta visiva di molti fotografi che, magari con più astuzia e una maggiore malleabilità, sono diventati famosi in tutto il mondo. Spiace, come ho detto all’inizio, che non si possano pubblicare le foto di Les Krim per questo vi rimando al suo sito che, come di consueto troverete in fondo al testo. Grazie per essere arrivati a questo punto della lettura.
Giuseppe Cicozzetti
Scriptphotography fans will be surprised. It is the first time in fact that I introduce the work of an author without showing the photos - except the presentation one. Reason, however curious, has a foundation. If you only publish a photograph of Les Krims (Bensonhurst, N.Y., 1942) Scriptphotography would incur the ruthless censorship of Facebook, the only Court in the world that doesn’t provide for an appeal.
In short, there would be more chances to be acquitted before the court of the Inquisition. However, writing about them without showing his photos would perhaps also be appreciated by Les Krims, finding the escamotage a rebellious action towards this and any other expression of "power". So those who are intrigued by the character want to look at his photos have no choice but to visit his site, which he will find at the bottom of the article as usual.
I imagine you divided into two categories: the indignant, those who will find his provocations unbearable and those who will see a black, indeed very black, humor. In both cases you will not find compromises: Les Krims does not grant them to anyone, not even to himself. Les Krims is a true case in photography. Iconoclast and rebellious, forged by American conservatism and a very solid academic background (he earned a degree in fine arts from Cooper Union University, one of the most selective universities in New York, a master's degree from the Pratt Institute while he now has a chair at Buffalo State College) leaves in photography a sign so powerful as to precede the resounding lies of Fontcuberta, the horrifying and deadly nightmares of Witkin becoming the father of a staged photography that still does not know to be and that only a few decades later we will know with two photographers that in Krims they looked like a lighthouse: LaChapelle and Crewdson.
He said about himself and his work with a programmatic emphasis: "I am not a historian, I create history. My images are impulse without decision. It is possible to create any image you think; this possibility, of course, depends on being able to think and create. The greatest potential source of photographic images is the mind”. A declaration that sweeps away in a single blow the myths of American photography that reigned undisturbed until the end of the 1960s and anticipated the aversion to the ideological constraints of the left of activist photographers.
Krim hates his world. Nothing is sacred. And in fact he is ruthless in the attempt to deride Edward Weston, whose image is traced in some way on the floor object of the piss of a man; just as he detests the bourgeois fascination of Diane Arbus towards the different, placing (as you can see in the only photograph) on the neck of a teenager with dwarfism a sign that cynically recites “Diane Arbus lives in us” In short, Krims is not interested in "capturing" the spirit of the time, he is more interested in commenting on it. More or less like one of his students at Buffalo State College, Cindy Sherman, who unlike the master was able to combine sarcasm and criticism of contemporary society, achieving greater success with the public than Krims did.
Loved by critics and hated by the public, even with wide exceptions on one side and on the other. And it can only be so if you define photography "a small industry, a fusion of arts and government agencies, that used the poor as a raw material for perverse entertainment". A critique. Perhaps a delirium. But if Krims calls himself a conservative and interprets his work as a means of "irritating the left," charging the belief that the vast majority of photographers "have helped advance Marxist disinformation by despising the country in the hope of failure" then the genius is enriched with a reactionary force.
These positions place Krims on the edge of his own world, in a brilliant and comfortable outsider position that the photographer doesn’t want to give up. Besides, the genes we recognize them like this. And Les Krims is, stubbornly following a road, his own, in a direction contrary to the mainstream of the visual culture of his years.
I wanted to break the usual photo-text combination because I consider the work and the figure itself of Les Krims brilliant, fundamental, I would say seminal, an archetype from which the visual imprint of many photographers descends, perhaps with more cunning and greater malleability, they have become famous all over the world. Sorry, as I said at the beginning, that you can't post Les Krim photos for this I refer you to his site which, as usual, you will find at the bottom of the text. Thanks for coming to this point of reading.
Giuseppe Cicozzetti