FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Tytia HABING (USA)
TYTIA HABING
La fotografia congela “un” tempo, un preciso momento senza curarsi del passato né del futuro, di cui pure siamo a conoscenza. Durante ogni scatto, quindi, c’è un prima e un dopo, due frazioni temporali le cui articolazioni sono lasciate al nostro immaginario. La fotografa statunitense Tytia Habing ha voluto catturare un tempo appartenente al figlio. Lo vediamo davanti all’obiettivo della madre, nelle pose più diverse. Si direbbe un reportage su un momento dell’adolescenza, una collezione di pose da consegnare alla futura commozione di adulto. Non è così. O non solo. Il punto è che per quanto una fotografia voglia accostarsi alla verità ne lascia fuori sempre una fetta abbondante, così l’osservatore avrà modo di interpretarla come suggerito dalla propria sensibilità. Le fotografie sono uno specchio vuoto. La serie “Tharin” (precedentemente conosciuta con il titolo “This is a Boy”, iniziato nel 2011) è all’apparenza un lavoro intimo, personale, familiare ma se osservato in controluce vi si legge qualcosa di più generale, che riguarda noi e il rapporto con l’ambiente. Una premessa. Fondamentale. Tytia Habing e la sua famiglia rientrano negli Stati Uniti dopo una pressoché lunga residenza alla Isole Cayman. A determinarne il rientro è il sempre più elevato costo della vita e una crescente criminalità. La famiglia dunque decide di fare ritorno nel sud dell’Illinois nella casa dove Tytia è cresciuta, tra campi di granoturco e una natura addomesticata dal lavoro agricolo dell’uomo. Qui, quasi compulsivamente, Tytia fotografa il figlio per un lungo tempo, giorno dopo giorno. E qui sta il doppio registro nel quale leggere la serie. “Fotografare” ha scritto Susan Sontag “significa appropriarsi della cosa che si fotografa. Significa stabilire con il mondo una relazione particolare che dà una sensazione di conoscenza”. In realtà, fotografando il figlio, Tytia Habing fotografa se stessa. Lei attraverso il figlio rivive la sua adolescenza, e ne fotografa i giorni che nessuno ha potuto ha saputo o potuto fotografare per lei. E infatti il figlio muove i passi nella stessa campagna, nuota nello stesso fiume, respira la stessa aria e vede sorgere il sole e il calare della notte nella stessa proprietà che l’ha vista diventare adulta. Quella che era considerata una sconfitta, cioè il rimpatrio dalle Cayman, diventa una vittoria. Si calcola che negli Stati Uniti solo il 15% degli adolescenti viva in una realtà rurale e che il trend sia destinato a diminuire drasticamente nei prossimi decenni a causa dell’attrazione esercitata dai grossi centri urbani. La famiglia di Tytia ha deciso quasi inconsapevolmente di muoversi controtendenza, affrontando il rischio che il figlio si mostrasse riluttante alla vita in campagna. Dalle foto che vediamo si direbbe che il ragazzo si muova a suo agio negli spazi aperti e si abbandona all’obiettivo della madre con la naturalezza di chi sta partecipando a un gioco all’interno di un altro gioco assai più grande, quello della vita. “Tharin” incanta proprio per questo, per la spontanea naturalezza declinata nel territorio della spensieratezza adolescenziale dove tutto ha il gusto di un gioco cui è meglio partecipare fino in fondo, godere fino all’ultima stilla d’entusiasmo, prima che ogni singolo giorno diventi un ricordo lontano. E poiché gli adulti tendono a dimenticare, a queste foto sia affidato quello che soltanto il cuore di una madre saprà custodire.
Giuseppe Cicozzetti
da “Tharin”
foto Tytia Habing
Photography freezes "a" time, a precise moment regardless ‘bout past or future, of which we are also aware. During each shot, therefore, there is a before and after, two temporal fractions whose joints are left to our imagination.
The American photographer Tytia Habing wanted to capture a time belonging to her son. We see him in front of his mother's lens, in the most diverse poses. One would say a report on a moment of adolescence, a collection of poses to be delivered to the future emotion of an adult. It is not so. Or not only.
The point is that as much as a photograph wants to approach the truth it always leaves out an abundant slice, so the observer will be able to interpret it as suggested by his own sensitivity. Photographs are an empty mirror. The "Tharin" series (previously known under the title "This is a Boy", started in 2011) is apparently an intimate, personal, familiar work but if you look at it against something else you read something more general about us and the relationship with the environment. A premise. Fundamental.
Tytia Habing and her family return to the United States after almost a long residence in the Cayman Islands. The ever-higher cost of living and increasing crime determine its return. The family therefore decides to return to southern Illinois in the house where Tytia grew up, among fields of maize and a nature tamed by the agricultural work of man.
Here, almost compulsively, Tytia photographs her son for a long time, day after day. And here is the double register in which to read the series. "Photographing" wrote Susan Sontag "means to take possession of the thing that is photographed. It means establishing with the world a particular relationship that gives a feeling of knowledge ".
In fact, by photographing his son, Tytia Habing photographs herself. Through her son she relives her adolescence, and she photographs the days that no one has known or been able to photograph for her. In fact, the child moves the steps in the same countryside, swimming in the same river, breathing the same air and sees the sun rise and fall of the night in the same property that has seen her become adult.
What was considered a defeat, the repatriation from the Caymans, becomes a victory. It is estimated that in the United States only 15% of teenagers live in a rural reality and that the trend is destined to decrease dramatically in the coming decades due to the attraction of large urban centers. Tytia's family decided almost unknowingly to move against the trend, facing the risk that the child would be reluctant to life in the countryside.
From the photos we see, one would say that the boy moves at ease in the open spaces and abandons himself to his mother's goal with the naturalness of those who are participating in a game within another much larger game: the game of life. "Tharin" charms precisely for this reason, for the spontaneous naturalness declined in the territory of teenage carefree where everything has the taste of a game that is best participated to the end, enjoy until the last drop of enthusiasm, before every single day becomes a distant memory.
And because adults tend to forget, these photos are entrusted with what only a mother's heart can guard.
Giuseppe Cicozzetti
from “Tharin”
ph. Tytia Habing