FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Ernst HAAS (USA)
ERNST HAAS
Se un fotografo fa del “mosso creativo” la sua religione si assicuri prima di chiamarsi Ernst Haas, perché, in caso contrario, darebbe l’impressione d’essere affetto da una qualche malattia che rende tremolanti le sue mani. C’è chi l’ama e chi la detesta – personalmente dichiaro una certa avversione che tuttavia non mi fa disconoscere la grandezza di alcuni veri e propri maestri –, chi ne esalta la forza espressiva della rappresentazione dinamica e chi non vi legge che una “gettata” di colori di tipo impressionista. A questo si aggiunga l’audacia di molti fotoamatori che intervenendo spropositatamente sui tempi d’esposizione finiscono per “accartocciare” la realtà sino a renderla illegibile.
La partita è aperta, e non è destinata a concludersi.
Certamente del “mosso creativo” Haas è stato un pioniere anzi, un maestro. Nelle sue foto la realtà ordinaria ci assume l’aspetto di una luce capace di sottomettere le forme iniziali del colore in geometrie scarne ed essenziali, quasi che il fotografo abbia voluto agire in sottrazione, riducendo cioè a linee luminose che individuano e svelano l’architettura per raggiungere la sostanza degli oggetti.
La fotografia di Ernst Haas non è astratta (l’astrattismo non esiste in fotografia: la foto è di per sé una realtà esistente), è un tentativo ben realizzato di conciliare la fissità dello scatto con il movimento esistente prima e dopo, nei frangenti cioè che precedono la “cattura” e la superano: in Haas il concetto di tempo statico non esiste; esiste il suo divenire, e ci mostra che è rappresentabile in una forma mai lontana dall’eleganza di uno stile pittorico personale quanto irripetibile. Il resto, tutto il resto, attiene a un meccanicismo che dialoga con la tecnica; e dove c’è tecnica non c’è anima.
Giuseppe Cicozzetti
Foto Ernst Haas
If a photographer makes the "creative blur" his religion is assured before calling himself Ernst Haas (Vienna 1921-New York 1986), because, otherwise, he would give the impression of being affected by some disease that makes the his hands tremblong.
There are those who love it and those who hate it - personally towards the so-called "creative blur" I declare a certain mistrust that nevertheless doesn’t make me deny the greatness of some real masters - who, on the contrary, exalts the expressive power of the dynamic representation and those who do not read that a "throw" of impressionist colors.
Add to this the audacity of many amateur photographers who intervene inappropriately on exposure times or with micro camera movements, end up "crumpling" reality up to make it illegible.
The game is open, and isn’t destined to end up easily.
Certainly the "creative move" Haas was a pioneer indeed, a master. In his photos, ordinary reality takes on the appearance of a light capable of submitting the initial forms of color to bare and essential geometries, almost as if the photographer wanted to act in subtraction, that is, to reduce luminous lines that identify and reveal the architecture for reach the substance of objects.
The photography of Ernst Haas it ain’t abstract (abstraction doesn’t exist in photography: the photo is in itself an existing reality), it is a well-made attempt to reconcile the fixedness of the shot with the movement existing before and after, ie in the breakers that precede the "shoot" and overcome it: in Haas the concept of static time doesn’t exist; its becoming exists, and shows us that it can be represented in a form that is never far from the elegance of a personal pictorial style as well as unrepeatable.
The rest, all the rest, relates to a mechanism that interacts with the technique; and where the technique spreads its totemic seduction there isn’t soul.
Giuseppe Cicozzetti
foto Ernst Haas