FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Fan HO (Cina)
FAN HO
Dei grandi personaggi del passato parliamo al presente, come se fossero ancora tra noi sebbene siano scomparsi. Di Shakespeare diciamo che “è” un grande drammaturgo, di Dante che “è” un grande poeta, di Dostoevskji che “è” un grande scrittore, di Michelangelo che “è” un grande scultore e pittore. La loro contemporaneità consiste proprio nella straordinaria attualità delle opere, che travalicano i secoli come un lascito eterno alla comunità degli uomini.
Di Fan Ho (scomparso poco meno di un anno fa) diremo la stessa cosa: “è” un grande fotografo.
Giunto a Hong Kong nel 1948 Fan Ho racconterà il lato più di intimo di una città che negli anni ’50 e ’60 si avvierà a diventare una megalopoli. La situazione politica cinese è ribollente e Hong Kong attrae masse in fuga prima dalla guerra sino-giapponese che condusse all’occupazione della Manciuria, e più tardi dalla guerra civile tra la Cina Popolare e il Kuomintang (Partito Nazionalista Cinese) di Chiang Kai-shek. Anni terribili, durante i quali città come Hong Kong e Shanghai, offrendo riparo a milioni di disperati, si avviavano a diventare le città “monstre” che conosciamo oggi. Anni di pieno caos, dunque. Eppure dalle immagini di Fan Ho non ricaviamo l’impressione di una Hong Kong brulicante di umanità; al contrario. A Fan Ho non importa raccontare lo sviluppo incontrollato, disumanizzante, a seguito di una crescente sovrappopolazione, a lui interessa recuperare lo spirito di una identità collettiva già compromessa. Nelle sue foto non c’è caos né disordine né, come vedrete, sono affollate: pochi soggetti, a volte uno solo, strade pressoché vuote, come a rimarcare la supremazia dell’uomo sul suo contesto. Le immagini sono attraversate da una luce tagliente, un sipario luminoso che taglia le inquadratura come un sipario e che concorre a un eccellente equilibrio compositivo (si osservi a questo proposito una tra le sue foto più celebri “Approaching the shadow, nella quale la solitudine di una figura femminile, al vertice basso dell’inquadratura, è l’esatto punto d’incontro di una geometria in cui ombra e luce dialogano perfettamente). In altre le figure umane emergono in controluce e si stagliano nella quotidianità di una città dai forti contrasti cromatici, resi magistralmente da un bianco e nero diremmo commovente. Ma non è questa la sola sfida che Fan Ho accetta dalla luce. Se guardiamo le foto “aquatiche” ci accorgiamo che tutto è assai più sfumato, meno definito, nelle quali a dominare sono le scale dei grigi che conferiscono alla scena qualcosa di misterioso ed elegante. E tutto declinato in un linguaggio modernissimo che molti fotografi della odierna “street photography” sono stati costretti a inseguire. Qui siamo di fronte a un autentico gigante.
Giuseppe Cicozzetti
Foto Fan Ho
On the great characters of the past we speak to the present, as if they were still among us though they disappeared. About Shakespeare we say that "he is" a great playwright, ‘bout Dante who "is" a great poet, same Dostoevskji who "is" a great writer, or Michelangelo who "is" a great sculptor and painter. Their contemporaneousness consists precisely in the extraordinary actuality of the works, which go beyond the centuries as an eternal legacy to the community of men.
On Fan Ho (who disappeared a little less than a year ago) will say the same thing: "he is" a great photographer.
Arrived in Hong Kong in 1948, Fan Ho will tell the most intimate side of a city that in the '50s and' 60s will start to become a megalopolis. The Chinese political situation is seething and Hong Kong attracts masses fleeing before the Sino-Japanese war that led to the occupation of Manchuria, and later from the civil war between the People's Republic and the Kuomintang (Chinese Nationalist Party) of Chiang Kai-shek.
Terrible years, during which cities like Hong Kong and Shanghai, offering shelter to millions of desperate people, were starting to become the "monstre" cities we know today. Years of full chaos, then. Yet from the images of Fan Ho we do not get the impression of a Hong Kong swarming with humanity; in reverse.
A Fan Ho do not mind telling the uncontrolled development, dehumanizing, following a growing overpopulation, he is interested in recovering the spirit of a collective identity already compromised. In his photos there is no chaos nor disorder, nor, as you will see, are crowded: a few subjects, sometimes only one, roads almost empty, as if to underline the supremacy of man over his context.
The images are crossed by a sharp light, a bright curtain that cuts the shots like a curtain and that contributes to an excellent balance of composition (see in this regard one of his most famous photos "Approaching the shadow, in which the loneliness of a female figure, at the bottom of the frame, is the exact meeting point of a geometry in which shadow and light interact perfectly).
In others the human figures emerge against the light and stand out in the everyday life of a city with strong chromatic contrasts, rendered masterfully by a black and white we would say moving. But this is not the only challenge that Fan Ho accept from the light. If we look at the photos "aquatic" we realize that everything is much more nuanced, less defined, in which to dominate are the gray scales that give the scene something mysterious and elegant. And all declined in a very modern language that many photographers of today's "street photography" have been forced to pursue. Here we are faced with an authentic giant of photography.
Giuseppe Cicozzetti
ph. Fan Ho