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Paolo DI PAOLO (IT)
PAOLO DI PAOLO
Il giorno stesso che la rivista per cui aveva lavorato chiuse, Paolo Di Paolo mandò un telegramma al direttore: «Per me e gli altri amici muore oggi l’ambizione di essere fotografi». La rivista era “Il Mondo”, un settimanale di cultura, politica, economia di orientamento liberale dove, tra gli altri, vi scrivevano Alberto Moravia, Leonardo Sciascia, Eugenio Scalfari, Pier Paolo Pasolini. Il direttore era Mario Pannunzio, un giornalista tra i fondatori del Partito Radicale. Era il 1966. Quando riaprì, nel 1969, per chiudere definitivamente nel 2014, “Il Mondo” non era tutta un’altra cosa: un mondo si era perduto. Definitivamente. Nel panorama dell’editoria periodica “Il Mondo” rappresentava un coraggioso unicum. Contrariamente alle altre riviste Pannunzio lasciava che fosse l’estro dei fotografi a dettare la linea editoriale e dunque gli articoli – in una controtendenza che non si sarebbe mai più ripetuta – nascevano a corredo delle fotografie. Le stesse fotografie, ingrandite e spesso a doppia pagina, erano impaginate e pensate perché si potessero guardare con l’attenzione che meritavano. Paolo Di Paolo era il fotografo più attivo. Le sue fotografie, oltreché una precisa cifra documentale, possedevano un valore narrativo assoluto e ancora oggi, se vogliamo “leggere” nelle pieghe di un passato recente e intravvedere i mutamenti della nostra società, le sue fotografie rappresentano un dato testimoniale imprescindibile a cui attingere. L’Italia degli anni ’50 e ‘60 da un lato faticava a smaltire la pesante eredità del dopoguerra mentre dall’altro conosceva già i primi sentori di un benessere economico che ne avrebbe trasformato il volto; ed è questo il tempo di Di Paolo che noi vediamo rappresentato nella quotidianità di una famigliola in vacanza smarrita di fronte alla vastità di un mare che avevano solo sognato. C’è un’Italia minore che va raccontata, è l’Italia delle provincie profonde, distanti da un centro ancora da stabilire, delle strade polverose, dalle abitudini sconosciute chiamate a convivere con un Paese che va veloce, con l’Italia degli intellettuali, delle arti, della cultura e del cinema. Di Paolo racconterà questa vivace diversità con una spiccata sensibilità autoriale: nelle sue fotografie il tempo pare essere frammentato, suddiviso cioè in momenti autonomi catturati al loro culmine, quasi un “ritaglio temporale” che prelude al suo sviluppo anticipandone il prosieguo. Sì è detto, e noi siamo d’accordo, che una buona fotografia è quella capace di restituire lo spirito del tempo, come un documento privo di scadenza. Ma una buona fotografia è come un classico della letteratura: noi la guardiamo mille volte e mille volte ci dice cose nuove. Come detto all’inizio la professione di fotografo di Di Paolo finì con la fine de “Il Mondo”. E questa è la ragione per cui la sua attività, il suo talento sono sconosciuti al grande pubblico e, diremmo, sconosciuto persino ai suoi cari. Sua figlia infatti non sapeva nulla delle migliaia di scatti del padre finché non li ritrovò per caso in un anfratto della cantina di casa. In questi giorni Paolo Di Paolo con una grande mostra al MAXXI di Roma, curata da Giovanna Calvenzi, ha finalmente l’occasione per essere apprezzato. Il tempo perduto ora è un tempo ritrovato. Che si rinnova. Che si fa voce.
Giuseppe Cicozzetti
da “Il mondo perduto”
foto Paolo Di Paolo
The same day that the magazine he had worked for closed, Paolo Di Paolo sent a telegram to the director: "For me and other friends, the ambition to be a photographer dies today." The magazine was "Il Mondo", a weekly magazine on culture, politics, economics of liberal orientation where, among others, wrote Alberto Moravia, Leonardo Sciascia, Eugenio Scalfari, Pier Paolo Pasolini. The director was Mario Pannunzio, a journalist among the founders of the Radical Party.
It was 1966. When it reopened, in 1969, to finally close in 2014, "Il Mondo" was not all another thing: a world was lost. Definitely. In the panorama of periodical publishing "Il Mondo" represented a brave unicum. Unlike the other magazines, Pannunzio left the creativity of the photographers dictate the editorial line and therefore the articles - in a countertendency that would never be repeated - were born in support of the photographs.
The same photographs, enlarged and often with double pages, were paginated and designed so that they could be looked at with the attention they deserved. Paolo Di Paolo was the most active photographer. His photographs, as well as a precise documentary figure, possessed an absolute narrative value and even today, if we want to "read" in the folds of a recent past and glimpse the changes in our society, his photographs represent an indispensable witness to which to draw.
Italy of fifties and sixties on the one hand struggled to dispose of the heavy legacy of the post-war period while on the other he already knew the first hints of an economic well-being that would have transformed his face; and this is the time of Di Paolo that we see represented in the everyday life of a little family on a lost holiday in front of the vastness of a sea that they had only dreamed of. There is a minor Italy that must be told, it is the Italy of the deep provinces, distant from a center still to be established, of dusty roads, of unknown habits called to live with a country that goes fast, with Italy of intellectuals , arts, culture and cinema.
Di Paolo will talk about this lively diversity with a marked authorial sensitivity: in his photographs, time seems to be fragmented, that is, divided into autonomous moments captured at their peak, almost a "temporal clipping" that foreshadows its development anticipating its continuation. Yes it is said, and we agree, that a good photograph is the one capable of restoring the spirit of the time, like a document without expiration.
But a good photograph is like a classic of literature: we look at it a thousand times and a thousand times it tells us new things. As said at the beginning, the profession of photographer of Di Paolo ended with the end of "Il Mondo". And this is the reason why his activity, his talent are unknown to the general public and, we would say, unknown even to his loved ones. In fact, her daughter knew nothing about her father's thousands of shots until she found them by chance in a basement corner. In these days Paolo Di Paolo with a major exhibition at MAXXI in Rome, curated by Giovanna Calvenzi, finally has the opportunity to be appreciated. Lost time is now a rediscovered time. That renews itself. That becomes a voice.
Giuseppe Cicozzetti
from “Il mondo perduto”
ph. Paolo Di Paolo