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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Tamara DEAN (Australia)
TAMARA DEAN
Virginia Woolf sosteneva che la mente di uno scrittore o di una scrittrice ideali doveva essere “androgina”, capace, cioè, di formulare un pensiero svincolato da una scrittura di genere, farsi equidistante per giungere alla natura universale della parola. Questo in letteratura. La stessa convinzione, volendola estendere alle altre forme espressive, potrebbe essere applicata alla fotografia. Esiste una questione di genere nella fotografia? Intendo dire, sappiamo riconoscere se la fotografia che abbiamo davanti è stata scattata da un uomo anziché una donna? La questione è stimolante e apertissima e nella quale è inserito il nucleo di una prerogativa che irrora e connota la natura della fotografia: l’ambiguità. Ecco dunque che il progetto della fotografa australiana Tamara Dean, “Are you a boy or a girl?”, una serie di ritratti di giovani androgini, si innesta di diritto nel dibattito di un’ambiguità non più solo fotografica a che con la fotografia ha molto in comune. E infatti come in una qualunque fotografia l’osservatore ha facoltà di leggervi quanto gli è suggerito dalla sua sensibilità, stimolato dalla struttura polisemica dell’immagine, in “Are you a boy or a girl?” l’interrogativo su chi vediamo è rimandato a noi in tutta la sua forza, costringendoci a una riflessione sull’appartenenza di genere. Ed è una provocazione che può spiazzare, perché l’androginia scardina le convinzioni culturali della femminilità e della mascolinità, liberando il pensiero stereotipato e i pregiudizi culturali che avrebbero il potere di influenzare il modo in cui percepiamo i giovani androgini di Tamara Dean. Se dunque Virginia Woolf proponeva la sua ricetta per lo scrittore-scrittrice ideali Tamara Dean, in un confronto a distanza con la scrittrice, risponde che l’androginia potrebbe essere percepita come un volto universale dell’umanità. “Are you a boy or a girl?” è una di quelle voci – e sono tante – che si impone sui pregiudizi, dicendoci a gran forza che femminilità e mascolinità non sono i due poli estremi di una scala, ma due dimensioni. Per questo lo stesso individuo può presentare aspetti psicologici femminili e aspetti psicologici maschili in percentuali differenti. Variazioni che si traducono somaticamente e che come un primo biglietto da visita chiamano la nostra attenta e rispettosa curiosità. La ritrattistica di “Are you a boy or a girl?” è pressoché tradizionale ma è rinforzata da una potente e delicatissima ambiguità che sembra trasportarci nello spazio abitato dai soggetti; uno spazio etereo, ambiguo, sconosciuto, dilatato e trasognante, in cui, se vogliamo spogliarci della crosta pregiudiziale, siamo obbligati a osservare gli occhi e percepirne la luce perché ci faccia da guida in una sensibilità a noi sconosciuta. Sconosciuta ma presente, in cui la domanda “sei un ragazzo o una ragazza?” perde di significato, superata dalla consapevolezza di una sensibilità meticcia, a metà strada, o nella percentuale che si vuole cogliere, tra i poli della scala di genere. “Are you a boy or a girl?” ci trasporta di diritto in una dimensione che non è solo estesa sul piano culturale ma verso l’osservazione di una bellezza purissima, incontaminata grazie all’imprecisa e felice commistione di grazia ed eleganza. E davanti a tanta bellezza comprendiamo il turbamento di von Aschenbach, il nobile scrittore in “La morte a Venezia”, al cospetto del giovane Tadzio, bello per lui “come una divinità greca”. Tamara Dean, impegnata in altre serie a narrare dei delicati momenti di passaggio nella vita degli adolescenti con “Are you a boy or a girl?” ferma la naturale dialettica e accende una luce su una particolare e dirompente bellezza, così vivida da apparirci disturbante, quasi impertinente. E davanti a questa forza non c’è pregiudizio o convinzione culturale che sappia resistere alla sua voce. Ambigua, come una fotografia.
Giuseppe Cicozzetti
da “Are you a boy or a girl?”
foto Tamara Dean
Virginia Woolf claimed that the mind of an ideal writer, man or woman was to be "androgynous", able, that is, to formulate a thought free of a genre writing, to become equidistant to reach the universal nature of the word.
This in literature. The same conviction, wanting to extend it to other forms of expression, could be applied to photography. Is there a question of gender in photography? I mean, can we recognize if the photograph we have in front of us was taken by a man instead of a woman?
The question is stimulating and open wide and in which is inserted the core of a prerogative that irradiates and connotes the nature of photography: ambiguity.
So the project by Australian photographer Tamara Dean, "Are you a boy or a girl?", a series of portraits of young androgynous, is grafted right into the debate of an ambiguity not just photographic than with photography a lot in common. And in fact, as in any photograph, the observer can read what is suggested by his sensitivity, stimulated by the polysemic structure of the image, in "Are you a boy or girl?" the question about who we see is postponed to us in all its strength, forcing us to reflect on gender belonging.
And it’s a provocation that can displace, because androgyny undermines the cultural convictions of femininity and masculinity, freeing stereotyped thinking and cultural prejudices that would have the power to influence the way we perceive the young androgynous Tamara Dean. So if Virginia Woolf proposed her recipe for the ideal writer-writer Tamara Dean, in a distance comparison with the writer, she answers that androgyny could be perceived as a universal face of humanity. "Are you a boy or a girl?" is one of those voices - and there are many - that imposes itself on prejudices, telling us strongly that femininity and masculinity are not the two extreme poles of a scale, but two dimensions.
This is why the same individual can present female psychological aspects and male psychological aspects in different percentages. Variations that translate somatically and that like a first business card call our attentive and respectful curiosity.
The portraiture of "Are you a boy or a girl?" is almost traditional but is reinforced by a powerful and delicate ambiguity that seems to transport us to the space inhabited by the subjects; an ethereal space, ambiguous, unknown, dilated and dreamy, in which, if we want to strip ourselves of the prejudicial crust, we are obliged to observe the eyes and perceive the light to guide us in a sensitivity unknown to us.
Unknown but present, in which the question "are you a boy or a girl?" loses its meaning, overcome by the awareness of a mixed feeling, halfway, or in the percentage you want to grasp, between the poles of the gender scale. "Are you a boy or a girl?" Transports us of right into a dimension that is not only extended on the cultural level but towards the observation of a pure beauty, uncontaminated thanks to the precise and happy mixture of grace and elegance.
And in front so much beauty we understand the agitation of von Aschenbach, the noble writer in "Death in Venice", in the presence of the young Tadzio, beautiful for him "as a Greek divinity". Tamara Dean, engaged in other series to narrate the delicate moments of transition in the life of teenagers with "Are you a boy or girl?" stops the natural dialectic and turns a light on a particular and disruptive beauty, so vivid as to appear disturbing, almost impertinent. And before this force there’s no prejudice or cultural conviction that can resist its voice. Ambigua, like a photograph.
Giuseppe Cicozzetti
from “Are you a boy or a girl?”
ph. Tamara Dean