FOTOTECA SIRACUSANA
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Ernest COLE (Pretoria, 1940 – New York, 1990) (South Africa)
ERNEST COLE
«Quando i missionari giunsero nelle nostre terre africane tenevano la Bibbia in mano e ci dicevano di pregare. Riaperti gli occhi, eravamo noi a tenere la Bibbia in mano e loro a possedere le nostre terre». Questa frase di Desmond Tutu, vescovo sudafricano della Chiesa anglicana, riassume come meglio non si potrebbe lo sfruttamento del continente africano che conosciamo con il nome di Colonialismo. La spoliazione delle risorse virò in Sudafrica verso la sistematica sottrazione dei diritti umani per la popolazione di colore e nel 1948 l’Apartheid (parola “Afrikaans” che significa “separazione”) divenne ufficiale. Una pagina tristissima per l’intera umanità e che sarebbe durata oltre cinquant’anni, si era aperta nel silenzio delle Nazioni del mondo.
Un fotografo come Ernest Cole (Pretoria, 1940 – New York, 1990), nonostante le limitazioni provenienti dal colore della sua pelle, ha saputo restituire il clima nel quale la presunta supremazia razziale bianca concentrava sulla popolazione nera tutta la sua politica discriminatoria. Due mondi a parte; due mondi che non dovevano interagire in alcun modo se non nel principio di inferiorità della popolazione africana. I bianchi avevano dettato le loro condizioni.
Le fotografie che osserviamo raccontano una quotidianità scandita da soprusi, umiliazioni, da una “separazione” che vietava ai neri ogni opportunità e in qualunque settore lavorassero li relegava al ruolo di manovalanza. Una fotografia ritrae un numero di uomini di colore voltati di spalle e con le mani alzate. Sembrerebbe la scena di un gruppo di uomini in un carcere, invece è solo il rito quotidiano e umiliante del controllo dopo una giornata di lavoro in una miniera di diamanti – quei diamanti che avrebbero più tardi fatto felici le donne bianche di tutto il mondo. In un'altra vediamo un addetto al controllo dell’identità, lavoro questo che i bianchi facevano svolgere agli stessi neri, e che avveniva attraverso il riconoscimento delle impronte digitali. Scuole per neri, scuole per bianchi, autobus per neri, autobus per bianchi, treni per neri, treni per bianchi, panchine per neri, panchine per bianchi. Tutto è lì a ricordarlo e le pene per i trasgressori sono pesantissime. Una società divisa e che tale sarebbe rimasta finché la lotta all’Apartheid non smosse le coscienze internazionali. Nel 1961 le Nazioni Unite condannarono ufficialmente le leggi razziali invitando gli Stati ad applicare al Sudafrica un durissimo embargo. Nel 1990 il nuovo presidente Frederick de Klerk revocò ufficialmente la messa al bando trentennale dell'ANC e liberò il suo leader, Nelson Mandela. Quattro anni più tardi il Sudafrica diventava un Paese democratico nel nome di Madiba.
Giuseppe Cicozzetti
foto Ernest Cole
"When the missionaries arrived in our African lands they held the Bible in their hands and told us to pray. Opened our eyes, it was us who held the Bible in their hands and they owned our lands. " This sentence by Desmond Tutu, the South African bishop of the Anglican Church, summarizes as best as possible the exploitation of the African continent we know by the name of Colonialism.
The dispossession of resources turned in South Africa towards the systematic subtraction of human rights for the black population and in 1948 the Apartheid (an "Afrikaans" word that means "separation") became official. A sad page for the whole of humanity that would last more than fifty years, had opened in the silence of the nations of the world. A photographer like Ernest Cole (Pretoria, 1940 - New York, 1990), despite the limitations coming from the color of his skin, have been able to restore the climate in which the presumed white racial supremacy concentrated on the black population all its discriminatory policy. Two worlds apart; two worlds that did not have to interact in any way except in the principle of inferiority of the African population. The whites had dictated their conditions.
The photographs we observe tell a daily life marked by abuses, humiliations, a "separation" that forbade blacks every opportunity and in any sector they worked relegated them to the role of laborers. A photograph shows a number of colored men turned from behind and with their hands up.
It would seem to be the scene of a group of men in a prison, but it is only the daily and humiliating ritual of control after a day's work in a diamond mine - those diamonds that would later make white women all over the world happy. In another we see an employee in the control of identity, this work that the whites were doing to the same blacks, and that happened through the recognition of fingerprints.
Schools for blacks, schools for whites, buses for blacks, buses for whites, trains for blacks, trains for whites, benches for blacks, benches for whites. Everything is there to remember it and the penalties for the transgressors are very heavy. A divided society that would remain so until the fight against Apartheid did not stir international consciousness. In 1961 the United Nations officially condemned the racial laws by inviting States to apply a very severe embargo to South Africa. In 1990 the new president Frederick de Klerk officially revoked the thirty year ban on the ANC and freed his leader, Nelson Mandela. Four years later, South Africa became a democratic country in the name of Madiba.
Giuseppe Cicozzetti
ph. Ernest Cole