FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Alvin BOOTH (USA)
ALVIN BOOTH
Anche all’osservatore più distratto non sfuggirà che l’intero lavoro del fotografo britannico Alvin Booth ha il focus sul corpo umano, in particolare quello femminile, indagato con linguaggi sempre nuovi quasi a volerci dire che molto c’è da esplorare in termini di rappresentazione. Il lavoro che propongo qui, e che è stato presentato nel 1999, è ‘Osmosis’.
‘Osmosis’ è straniante, è la summa stilizzata di un percorso articolato ridotto a un minimalismo formale che richiama alla mente qualcosa di antichissimo e insieme nuovo. Antichissimo perché a una prima osservazione rievoca le forme primigenie, stilizzate, delle raffigurazioni rupestri e delle quali molti concordano nell’affermare che si tratti delle primissime “fotografie”; nuove perché coraggiosissime nell’affronto di un tema assai frequentato da moltissimi suoi colleghi.
Nelle sue fotografie a vincere è la luce. Le figure ne sono attraversate fino allo smembramento, consumate da una luminosità che divide le parti e le allontana per consegnarle alla incorporeità dell’evanescenza. I soggetti ci appaiono come stilizzati, costruite in forma d’ombre nelle quali i corpi che conosciamo escono dall’oggettività del conosciuto per apparirci in forma di impressione. Trasparenze lattiginose o corpi, come direbbe un noto musicista, immersi in “un’orzata”, uscendone in silhouette al carboncino, nel quale l’abbozzo costringe il nostro occhio a ricomporre l’integrità. Le “deformazioni” aggiungono una sorpresa espressionista, quasi una interpretazione delle rilevanze corporee che tiene distante la vertigine voyeuristica, un passaggio in cui siamo invitati alla decodifica anatomica. E il tutto declinato con uno stile “grafico” dal sicuro equilibrio nel quale i mezzi toni del grigio dialogano perfettamente col nero delle parti più esposte e con i bianchi luminescenti dei fondi, delle membrane che si interpongono tra l’obiettivo e i soggetti. Gran lavoro.
Giuseppe Cicozzetti
da ‘Osmosis’
foto di Alvin Booth
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