FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Matteo BASILÉ (IT)
MATTEO BASILÉ
La carne si libera dallo spirito, la materia dalla fede. Almeno a prima vista, perché non è così sicura la fondazione di nuove priorità. La dialettica è garantita sul territorio delle allusioni, cosicché santi, papi e papesse sopraggiungono a formare l’orizzonte di una nuova umanità. Qui, nella serie “The saints are coming” di Matteo Basilé i nuovi mostri sono sacri e assurgono al ruolo di simboli di una religiosità laica e visibile, carnale, che viaggia sul crinale di un’oscenità accettabile. La formula estetica è nota, i riferimenti a LaChapelle lo sono altrettanto. Ma con qualche differenza. E non da poco, frutto delle diverse culture. Se LaChapelle infatti “svuota” le sue opere di carne perché odorino di plastica e belletto – qui i segni della pop art e dell’espressionismo americano di cui è intriso il fotografo statunitense – Basilé attinge a un mondo nei cui occhi è custodita la grande lezione dell’arte italiana del ‘500. Carracci su tutti, perché dev’esserci una differenza tra un fotografo americano e uno italiano – e questo solo per restare in ambito geografico. Il mondo "mostruoso” di Basilé dialoga con la tradizione: la penetra ma ne rispetta i canoni, la stravolge ma ne ricompone le fila. Lo vediamo nell’ambientazione compositiva. I “santi laici” di Basilé, le figure in odore di una moderata eresia si trovano a loro agio tra absidi e navate di chiese barocche che sembrano accogliere a meraviglia lo stordimento prodotto dalla loro apparizione. Tutto è improbabile e vero allo stesso tempo, come la deriva di un presente che irrompe nella tradizione. L’aria è notturna, il barocco agita i suoi mostri nell’equilibrio di un cambio prospettico. Ci domandiamo chi sono i santi che stanno arrivando, quei grotteschi protagonisti di allegorie misteriose. Essi sono santi che non hanno rinunciato alla carnalità, chiusi in un mondo di mezzo, nel complicato interregno tra sacro e profano, sicché tra ascesi e materia affluiscono alla mente visioni sdrucciole, necessariamente disturbanti, mentre i “segni” animali contenuti nelle fotografie complicano l’interpretazione con nuovi e suggestivi riscontri; perché la bellezza, per essere davvero tale, deve affrancarsi dalla prima definizione per sprofondarci nell’abisso delle soluzioni, come una sciarada. “The saints are coming” ci parla dell’esistenza di un mondo esteticamente spiazzante, nel quale il ricalco delle formule estetiche è funzionale a un racconto che fotografia dopo fotografia aumenta la sua cifra misteriosa. Così in quei volti, in ognuna delle pose statiche, nelle “pietà” scorgiamo riflessi distopici quale risultato di una collisione tra la visione “spirituale” e la sua deriva “carnale”. Non c’è vittoria dell’una sull’altra. Siamo fatti di entrambe. Lo siamo noi come i santi che, forse è bene ricordare, sono stati donne e uomini anche loro.
Giuseppe Cicozzetti
da “The saints are coming”
foto Matteo Basilé
Meat frees itself from the spirit, matter from faith. At first sight at least, because the foundation of new priorities is not so sure. The dialectic is guaranteed in the area of allusions, so that saints and popes come to form the horizon of a new humanity.
Here, in the series "The saints are coming" by Matteo Basilé the new monsters are sacred and rise to the role of symbols of a secular and visible, carnal religiosity, which travels along the ridge of an acceptable obscenity.
The aesthetic formula is known, the references to LaChapelle are likewise. But with some difference. And not just a fruit of different cultures. If LaChapelle in fact "empties" its flesh works because they smell of plastic and make-up - here the signs of pop art and American expressionism of which the U.S. photographer is imbued - Basilé draws on a world in whose eyes the great lesson is kept 16th century Italian art.
Carracci above all, because there must be a difference between an American and an Italian photographer - and this only to remain in a geographical context. The "monstrous" world of Basilé communicates with tradition: it penetrates but respects the canons, distorts it but recomposes the rows. We see it in the compositional setting.
The "lay saints" of Basilé, the figures in the odor of a moderate heresy are at ease between apses and aisles of baroque churches that seem to welcome the stunning produced by their appearance.
Everything is unlikely and true at the same time, like the drift of a present that breaks into tradition. The air is nocturnal, the baroque shakes its monsters in the balance of a prospective change.
We wonder who the saints are coming, those grotesque protagonists of mysterious allegories. They are saints who have not renounced carnality, enclosed in a middle world, in the complicated interregnum between the sacred and the profane, so that slippery visions flow into the mind, necessarily disturbing, while the animal "signs" contained in the photographs complicate the interpretation with new and suggestive feedback; because beauty, to be truly such, must free itself from the first definition to sink into the abyss of solutions, like a charade.
“The saints are coming" speaks of the existence of an aesthetically unsettling world, in which the tracing of aesthetic formulas is functional to a story that photography after photography increases its mysterious figure. Thus in those faces, in each of the static poses, in the "piety" we see dystopian reflections as a result of a collision between the "spiritual" vision and its "carnal" drift. There is no victory over one another. We are made of both. We are like the saints who, perhaps it is good to remember, were women and men too.
Giuseppe Cicozzetti
from “The saints are coming”
ph. Matteo Basilé