FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Roger BALLEN (South Africa)
ROGER BALLEN
Ha scritto Rosalind Krauss che la fotografia, una vota risolto il dibattito sull’inconscio ottico, è molto imparentata con il teatro. Non c’è fotografia infatti che non tenga conto di oggettività che si concretizzano attraverso elementi in comune con una “mise en theatre” che proprio a partire dalla composizione dell’immagine, luci, scelta del momento dello scatto sviluppa, già alla vista, un’assonanza con quella che Harold Pinter chiamava “l’equilibrio focale tra cose, uomini e testo”. Proprio la “teatralità” della composizione è stata, nella storia della fotografia, un topos molto frequentato – anche quando si crede di essersene affrancati: tutto obbedisce a un ordine che sovrintende e governa il lavoro del fotografo.
Tuttavia la “teatralità” dell’immagine si disperde felicemente, per fortuna, in più rivoli creativi e si rinnova ogni volta. Gli esempi non mancano ma è utile concentrarsi nello spazio temporale che va da Jan Saudek a Witkin, da LaChapelle a Crewdson fino ai maestri della stage photography. Fino ad arrivare a Roger Ballen.
Il lavoro del fotografo americano, da anni residente in Sudafrica – dove fotograferà gli emarginati (‘Outland’ è un lavoro potentissimo e universale) – arricchisce le immagini di forti nuances psicologiche che conducono nel territorio del visionario e che obbligano l’osservatore a una discesa nella profondità delle proprie paure.
Ballen allestisce un “teatro della mente” nel quale ogni singolo dettaglio, che sia un oggetto, un animale, una persona è chiamato a interagire con uno spazio simbolico e disturbante, con il lato oscuro della psiche cui le immagini, tra finzione e realtà, scatenano suggestioni interrogative.
‘Asylum of the birds’ (2014) è proprio questo: una collezione di paure in cui uomini e uccelli sono chiamati a recitare una pièce sfidandosi a colpi di rimandi onirici sul palco delle allusioni psicologiche. Roger Ballen si muove come un regista: sceglie il testo, affida le parti, è attento alla scenografia perché tutte le componenti confluiscano nella creazione di un’opera che rivaluti la determinazione finale del progetto: fotografie assolutamente perfette sotto il profilo stilistico. E senza deroghe, perché è facile talvolta perdersi nella forma e tralasciare i contenuti.
Ballen è prima di tutto un fotografo (gli studi da psicologo incideranno profondamente sulla sua opera) e dunque pretende che ogni sua fotografia rispetti i rigidi dettami che traducono un’immagine in una buona foto: un bianco e nero minimale, un’attenzione maniacale alla composizione e l’interazione tra spazi inanimati che assurgono a ruolo di coprotagonista. Tutto deve sciogliersi nella equivalenza del simbolo, nel dialogo a più voci dell’immaginario senza mai dimenticare il quadro compositivo, sforzi che fanno di Roger Ballen uno dei più apprezzati e seguiti fotografi contemporanei.
Giuseppe Cicozzetti
da ‘Outland’; ‘Asylum of the birds’.
foto Roger Ballen
Rosalind Krauss wrote that photography, one that resolved the debate on the optical unconscious, is very much related to theater. In fact, there is no photography that does not take into account objectivity that is realized through elements in common with a "mise en theater" that just starting from the composition of the image, lights, choice of the moment of shooting develops, already in sight, a assonance with what Harold Pinter called "the focal equilibrium between things, men and text".
Just in the history of photography, the "theatricality" of the composition has been a very popular topos - even when one believes that one has freed oneself: everything obeys an order that oversees and governs the work of the photographer.
However, the "theatricality" of the image happily disperses, luckily, in more creative rivulets and is renewed each time. The examples are not lacking but it is useful to concentrate in the temporal space that goes from Jan Saudek to Witkin, from LaChapelle to Crewdson up to the masters of the stage photography. Until you get to Roger Ballen.
The work of the American photographer, living in South Africa for years - where he will photograph the marginalized ('Outland' is a very powerful and universal work) - enriches the images with strong psychological nuances that lead into the visionary territory and oblige the observer to descend in the depths of their fears.
Ballen sets up a "theater of the mind" in which every single detail, whether an object, an animal, a person is called to interact with a symbolic and disturbing space, with the dark side of the psyche to which images, between fiction and reality, they trigger interrogative suggestions.
‘Asylum of the birds' (2014) is just that: a collection of fears in which men and birds are called to play a pièce, challenging each other with dreamy references on the stage of psychological allusions. Roger Ballen moves like a director: he chooses the text, he entrusts the parts, he is attentive to the scenography because all the components converge in the creation of a work that reevaluates the final determination of the project: absolutely perfect photographs under the stylistic profile. And without exceptions, because it is sometimes easy to get lost in form and to leave out the contents.
Ballen is first and foremost a photographer (studies by a psychologist will profoundly affect his work) and therefore claims that every photograph respects the rigid dictates that translate an image into a good photo: a minimal black and white, a maniacal attention to composition and interaction between inanimate spaces that become the co-protagonist. Everything must melt in the equivalence of the symbol, in the dialogue with many voices of the imagination without ever forgetting the compositional framework, efforts that make Roger Ballen one of the most appreciated and followed contemporary photographers.
Giuseppe Cicozzetti
from ‘Outland’; ‘Asylum of the birds’.
ph. Roger Ballen