FOTOTECA SIRACUSANA
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SCRIPTPHOTOGRAPHY
Paolo MIRANDA (IT)
PAOLO MIRANDA
Cronache dall’Inferno. Ippocrate benedica quanti hanno voluto superare il suo giuramento, e con lui santa Veronica, protettrice dei fotografi. Ospedale di Cremona, uno dei presidi maggiormente coinvolti nella battaglia contro il Coronavirus o, se preferite la definizione breve, Covid19. L’effetto non cambia. Qui siamo nel cuore del cuore di una trincea che non è solo la prima linea, è la sola linea esistente contro la diffusione di un virus che fino a oggi ha provocato solo in Italia quasi 5000 vittime. Qui, nel reparto di terapia intensiva, i fotografi non possono entrare. Se disponiamo di immagini lo si deve ai valenti operatori che in un momento di pausa dai turni estenuanti di lavoro, e in forza della loro passione per la fotografia, stanno documentando una cronaca altrimenti invisibile ai più. Paolo Miranda svolge il suo lavoro di infermiere proprio nel reparto dove più sottile è la linea tra la vita e la morte. E con la medesima abnegazione di quanti in questi giorni tra medici, infermieri, appunto, e operatori sanitari la cui abnegazione dovrebbe renderci fieri. Qui, con i corpi intubati a seguito di gravi complicazioni respiratorie, se si muore – e si muore – si muore soli, senza il conforto dei propri cari, senza che questi possano stringersi per l’ultimo saluto. Ed è qui che tutto il personale medico sconfina le proprie competenze raccogliendo le ultime parole dei pazienti. E questa ritrovata umanità dovrebbe conciliarci con le cose del mondo. Paolo Miranda, fotografo amatoriale (che vediamo in un autoritratto) ha uno sguardo pietoso. Niente commiserazione, non c’è tempo né voglia ma si sofferma su due fronti, in quello spazio diviso tra paura e fiducia di giorni senza luce così difficili da raccontare. Nel suo reportage, infatti, vediamo il personale prepararsi alla battaglia giornaliera indossare camici protettivi come un soldato la sua divisa. La determinazione è la stessa. Con un dettaglio, però, che fa la differenza: il personale medico e paramedico deve combattere contro un nemico ostinato e invisibile che miete contagiati più di quanto la struttura sanitaria ne possa accogliere. Nessuno si risparmia, tutti lavorano allo stremo delle forze; e dunque non appaia una resa un pianto, ma un segno d’umanità che trasuda sentimento. Così come nella forza d’un abbraccio vediamo la brillante interezza d’un successo da condividere presto. Sono donne e uomini a salvare altre donne e uomini, non eroi. Sono donne e uomini a salvare vite umane, e questo sottolinea il grado raggiunto dalla nostra Civiltà. Nei reparti di terapia intensiva si lotta contro l’invisibile. Manca il tempo, mancano le risorse. Non mancano due cose: cuore e competenze. Paolo Miranda, a cui va il nostro ringraziamento per l’abnegazione con cui svolge il suo lavoro – ringraziamento che desideriamo estendere a tutto il personale del reparto, da qui fino alla fine del giorni – ha realizzato un breve quanto incisivo e, lasciatemelo dire, commovente reportage. Fotografia dopo fotografia siamo colti dal desiderio di conoscere i suoi colleghi, stringerli a noi perché gli arrivi intatto il senso della nostra riconoscenza. Sappiamo che ognuno sta lavorando al limite delle forze fisiche. Sappiamo che ogni ospedale somiglia a una trincea. Sappiamo delle condizioni d’emergenza. Ma sappiamo ancora di più, e più in profondità, della vostra sconfinata generosità. Ed è per questo, nelle ore in cui noi tutti stiamo in casa mentre voi siete al fronte, e per quello che farete ancora, vi giunga da parte di Scriptphotography la lucentezza di una sola parola: Grazie. A Paolo Miranda arrivi invece l’augurio di tornare a commuoverci.
Giuseppe Cicozzetti
foto Paolo Miranda
Chronicles from Hell. Hippocrates bless those who wanted to pass his oath, and with him Saint Veronica, protector of photographers. Cremona Hospital, one of the most involved in the battle against Coronavirus or, if you prefer the short definition, Covid19. The effect doesn’t change. Here we are in the heart of a trench that is not only the first line, it is the only line that exists against the spread of a virus that has so far caused almost 5000 victims only in Italy. Here, in the intensive care unit, photographers cannot enter. If we have images we owe it to the talented operators who, in a moment of pause from the grueling shifts of work, and by virtue of their passion for photography, are documenting a chronicle otherwise invisible to most. Paolo Miranda does his job as a nurse right in the ward where the line between life and death is more subtle. And with the same self-denial as those of doctors, nurses, and health workers whose self-denial should make us proud. Here, with intubated bodies following serious respiratory complications, if you die - and you die - you die alone, without the comfort of loved ones, without them being able to huddle for the last farewell. And it’s here that all medical personnel defy their skills by collecting the last words of the patients. And this newfound humanity should reconcile us with the things of the world. Paolo Miranda, amateur photographer (we see him in a self-portrait) has a pitiful gaze. No commiseration, there’s no time or desire for that, but lingers on two fronts, in that space divided between fear and trust of days without light so difficult to tell. In his report, in fact, we see the staff preparing for the daily battle wearing protective gowns like a soldier in his uniform. The determination is the same. With a detail, however, that makes the difference: the medical and paramedical staff must fight against a stubborn and invisible enemy that reaps more infections than the health facility can accommodate. Nobody spares himself, everyone works at the end of his strength; and therefore a return does not appear a cry, but a sign of humanity that exudes feeling. Just as in the strength of a hug we see the brilliant wholeness of a success to be shared soon. It is women and men who save other women and men, not heroes. It’s women and men who save lives, and this underlines the degree reached by our civilization. In the intensive care units, the invisible is fought. Time is missing, resources are lacking. There’s no shortage of two things: heart and skills. Paolo Miranda, to whom our thanks go to the self-sacrifice with which he does his job - thanks that we want to extend to all the staff of the department, from here until the end of the days - has made a brief and incisive and, let me say, moving reportage. Photography after photography we are seized by the desire to get to know his colleagues, to hold them close to us so that the sense of our gratitude arrives intact. We know that everyone is working on the edge of physical strength. We know that each hospital looks like a trench. We know of the emergency conditions. But we know even more, and more deeply, of your boundless generosity. And that is why, in the hours when we are all at home while you are at the front, and for what you will still do, the shine of one word comes from Scriptphotography: Thank you. Instead, Paolo Miranda wishes to return to move us.
Giuseppe Cicozzetti
ph. Paolo Miranda